A Letta non glielo hanno detto, ma il governo è in agonia
L’uomo è intelligente e scaltro. Ma ha pure il dovere di allontanare da sé l’amaro calice, finché può. E’ per questo che Enrico Letta, ostinato per contratto si potrebbe dire, prova ad andare avanti come può. Ma lui per primo è consapevole che con il passare dei giorni la vita del suo governo si accorcia.
La sentenza annunciata della Cassazione, mentre si attendeva il ricalcolo della pena – senza nessuna forzatura giuridica naturalmente – fidando, come tutti pacificamente ritenevano, che il processo a Berlusconi si sarebbe concluso in autunno, getta una luce sinistra sulla sopravvivenza della maggioranza che prima del 30 luglio dovrà decidere che cosa fare. La metà di essa, rappresentata dal Pdl, sta chiedendosi se vale la pena assistere impassibile alla fine politica del suo leader ed accompagnarlo a Sant’Elena, oppure se reagire facendo saltare il banco con tutte le conseguenze possibili e perfino inimmaginabili al momento.
Del resto, si ragiona in queste ore, se il destino del governo è comunque segnato posto che il declassamento ulteriore di Standard & Poor’s, il divieto da parte della Commissione europea e del Fondo monetario internazionale di non toccare l’Iva e di abolire l’Imu, la legge di Stabilità che penalizzerà ancora di più famiglie ed imprese logoreranno la maggioranza fino a consumarla, tanto vale dare un calcio a tutto e poi ognuno, con le mani libere, si assumerà le proprie responsabilità.
Del resto se in Italia vi sono poteri che agiscono al di fuori del contesto emergenziale, non tenendo conto di quella che è la realtà ed invece di recare vasi a Samo, gettano quotidianamente benzina sul fuoco, il minimo che può accadere è ciò che si profila: lo sfascio. La cui drammaticità non sfuggirà a nessuno e della quale probabilmente si avrà piena contezza soltanto quando la situazione raggiungerà il limite estremo e non sarà possibile recuperarla: le elezioni saranno lo sbocco fatale, ad altissimo rischio di incostituzionalità con la legge vigente, che inevitabilmente si trasformeranno in un referendum pro o contro Berlusconi (anche se non dovesse essere candidato) e sulla sovranità nazionale ormai messa sotto i piedi da chiunque ritenga che l’Italia non è degna di far parte del club delle nazioni civili ed avanzate.
Letta fa certamente bene a ribellarsi all’ennesimo declassamento. Ma ormai non bastano più le parole. E’ ora di denunciare queste agenzie di rating che non rappresentano niente e nessuno e semplicemente fregarsene dei loro report come se non esistessero. Sarebbe anche bene se una qualche iniziativa venisse intrapresa a livello internazionale per sapere in nome e per conto di chi agiscono, al di là di ciò che ufficialmente rappresentano. Insomma, chi sono questi signori che giocando con i grafici mettono a dura prova le economie di mezzo mondo su cui gli speculatori poi intervengono come credono?
Per caso (chissà?), in questo contesto, s’innesta un processo di rottura della legalità democratica. Il “caso Berlusconi” è il potente detonatore della crisi del sistema. Possibile che non se ne tenga conto? Ed è possibile che lo stesso Pdl, al di là delle dichiarazioni di circostanza, non reagisca come dovrebbe? Può darsi che la misura sia questa volta davvero colma. E il governo, dunque, si abitui all’idea che i suoi giorni sono contati.