Ecco perché i “forconi” hanno colto di sorpresa la politica

9 Dic 2013 21:37 - di Corrado Vitale

Quello che maggiormente colpisce della prima giornata di protesta del movimento dei “forconi” è la pressoché totale afasia della politica. Tacciono le segreterie e  tacciono gli esponenti di spicco dei partiti. Gli unici a esternare sono stati Emanuale Fiano del Pd, per condannare, e il governatore  del Veneto, Luca Zaia, per sposare le ragioni della protesta (ma un altro leghista,  Luca Tosi, parla di «snaturamento» del movimento  a causa delle violenze di Torino). S’è dovuto attendere il tardo pomeriggio per udire un giudizio articolato da parte del Palazzo. Ed è stato quello del ministro del Lavoro Enrico Giovanni, che ha auspicato il «dialogo» e  stigmatizzato la violenza,  indicando nella crescita economica  l’unico modo per «risolvere alle radici» il problema. Ma vale la pena sottolineare che Giovannini  non proviene dai ranghi della politica, essendo stato, fino alla primavera scorsa, il presidente dell’Istat. E, sempre a fine giornata, è arrivato il commento di Beppe Grillo: circostanza davvero strana per un arruffapopolo e un incendiario come lui.  E dire che la sua Genova ha vissuto un giorno di caos.

Per il resto, nessuno se l’è sentita di esprimere un giudizio, né in negativo né in positivo e neanche problematico. E ciò almeno fino alla serata. È probabile che nella seconda giornata di protesta (se lo sciopero dovesse realmente estendersi) assisteremo a un profluvio di dichiarazioni. Ma occorre in ogni caso registrare una significativa lentezza di riflessi.  Ciò dà la misura  della distanza che continua a separare la politica dalla società, nonostante la gravissima crisi che devasta interi settori del Paese, una crisi che non è soltanto sociale ed economica , ma,  più in profondità, una crisi del legame politico, requisito indispensabile per tenere unito un moderno Paese industriale, come, nonostante tutto, rimane l’Italia.

Ci sono però caratteri, nei “forconi“ , che possiamo a buon diritto definire originali, e che ne marcano al momento (non sappiamo come evolverà la situazione nei prossimi giorni)  la netta differenza rispetto ad altri movimenti di protesta. Quello che risalta è il proprio l’esibito carattere “nazionale” del movimento, con i tricolori comparsi un po’ ovunque e con il tentativo di arginare, da parte degli stessi organizzatori, le manifestazioni di violenza e illegalità. «Saremo noi i primi poliziotti». ha dichiarato ad esempio Mariano Ferro, uno dei leader dei “forconi” . Il fatto  rilevante della prima giornata di manifestazioni non sono gli scontri a Torino (provocati da ultras da stadio, provocatori e infiltrati vari) , ma il gesto dei poliziotti che si tolgono il casco in segno di solidarietà con i manifestanti. È un fatto spontaneo, inconsueto e di alta densità simbolica. Non s’è mai vista una scena simile davanti alle manifestazioni dei No Tav e dei centri sociali. Si tratta quindi di un segno di  riconoscimento di ragioni e di  empatia. E un segno, soprattutto, di una idea di Stato che reclama la rinnovata esigenza tra un legame solidale e politico tra le categorie sociali. Il vero Stato sono i cittadini, non Equitalia: è questo il messaggio della prima giornata dei “forconi” che la politica non sembra ancora aver compreso. Speriamo solo che tale carattere si mantenga anche nel corso della settimana.

 

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