Conti in Svizzera per Di Stefano, esperto economico del premier
Nuovi guai per il deputato del Pd, Marco Di Stefano, già sotto inchiesta per corruzione, già nella bufera per festini a luci rosse in quel di Grattaferrata. Ora, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, ci sarebbero alcuni conti della banca Ubs di Ginevra indirettamente riconducibili a lui. Niente male per uno che si accredita come il consigliere delle politiche econimiche del premier Renzi, uno degli oratori all’ultima Leopolda, esperto dei «pagamenti digitali».
Soldi a Ginevra scortato dai poliziotti
I pm stanno analizzando anche altri tre appalti sospetti, che portano la firma di Di Stefano in qualità di assessore. A parlare di mazzette da centinaia di migliaia di euro e dei retroscena su quegli appalti è stato Bruno Guagnelli, fratello del braccio destro di Di Stefano, Alfredo, «misteriosamente scomparso 4 anni fa». Dichiarazioni che al momento non hanno ancora trovato riscontro. «Entro un mese – scrive il Corriere della Sera – il fascicolo potrebbe essere chiuso con la richiesta di rinvio a giudizio, svelando nuovi ed inediti retroscena. Uno è già noto: nei suoi viaggi per arrivare oltreconfine il parlamentare, ex poliziotto, si faceva scortare dai suoi amici delle forze dell’ordine». Di Stefano: da assessore della Giunta Marrazzo, avrebbe intascato una mazzetta da 1,8 milioni di euro. I costruttori Antonio e Daniele Pulcini, finiti ai domiciliari per abuso d’ufficio e turbativa d’asta, proprio grazie a Di Stefano avrebbero realizzato una plusvalenza milionaria su un palazzo affittato alla Regione Lazio e poi venduto all’Enpam, la cassa previdenziale dei medici.
Scoperto il flusso di denaro
Sono i finanzieri guidati dal generale Giuseppe Bottillo ad averr ricostruito i viaggi all’estero effettuati dal parlamentare. Hanno Documentato i suoi spostamenti, identificato le persone che lo accompagnavano, e sono arrivati alla banca. E lì un funzionario accetta di collaborare consegnando le movimentazioni dei conti tra il 2010 e il 2012. «Spostamenti di denaro – rileva il Corriere della Sera – che certamente non sono congrui rispetto al patrimonio di Di Stefano. È la svolta. Perché avvalorano l’ipotesi che quei contanti trasportati in auto siano il prezzo della corruzione. Anche tenendo conto che all’improvviso entrambi i depositi vengono completamente svuotati».