Nella Cina rossa vietato essere femministe: 5 attiviste finiscono in cella
La dura vita di una femminista in Cina. Declinare esigenze civili di stampo femminile e foriere a poissibili rivendicazioni sociali al duro regime comunista di Pechino comporta dei rischi: lo sanno bene quelle militanti dei diritti delle donne ree di aver manifestato in occasione della festa della donna lo scorso 8 marzo e per questo detenute in cella da una settimana.
Cina, vietato manifestare l’8 marzo
A detta delle autorità cinesi, infatti, le attiviste in piazza «hanno creato disturbo alla stabilità sociale»: tanto che la polizia ha rivolto delle accuse formali a cinque femministe in particolare, accusate di aver alterato il sacro equilibrio civile generato dal controllo dittatoriale. A ricostruire i passaggi di quanto accaduto ha provveduto in queste ore l’avvocato Wang Qiushi, che rappresenta una delle cinque militanti fermate: le donne – ha spiegato il difenore – sono state accusate di aver «creato un disturbo» alla stabilità sociale per aver programmato la diffusione di volantini sui diritti delle donne. E la cosa suona ancora più stridente con tutto ciò che concerne il diritto a manifestare o a celebrare una ricorrenza universalmente riconosciuta perché, secondo quanto spiegato dal legale cinese in base al sistema giuridico locale, «le loro azioni non si configurano come un reato».
Le attiviste fermate
Le attiviste arrestate sono Wei Tingting, Li Tingting, Wang Man, Zheng Churan e Wu Rongrong e sono molto conosciute in Cina dove hanno fondato un gruppo per la difesa dei diritti delle donne. Se condannate rischiano fino a tre anni di prigione. Ma c’è di più: l’azione della polizia contro le femministe si inserisce in una «stretta» che ha coinvolto tutte le organizzazioni sociali indipendenti. E non è tutto: oltre ad aver crerato sconcerto in Cina, l”arresto delle attiviste è stato condannato dall’ambasciatrice americana all’Onu Samantha Powers, che ha sottolineato l’importanza dell’operato di chi si batte per «diritti universalmente riconosciuti». A stretto giro, infine, l’Unione Europea ha chiesto la liberazione delle donne, sostenendo che è stato violato «il loro diritto a manifestare pacificamente»: ma la cosa non rappresenta certo una novità per il Celeste Impero…