Addio a Mario D’Urso, il politico che al Transatlantico preferiva lo yacht
È morto a Roma il banchiere internazionale ed ex senatore Mario D’Urso. Malato da tempo, D’Urso aveva 75 anni. Nel 1995 era stato sottosegretario nel governo Dini e l’anno seguente era stato eletto al Senato con Rinnovamento Italiano. In una delle sue ultime interviste pubbliche, il finanziere amico dell’avvocato Agnelli si era schierato apertamente con Matteo Renzi. «Renzi? Lo appoggio e mi iscrivo alle primarie per votarlo. È l’uomo giusto». Così nell’ottobre del 2012 D’Urso intervendo alla Zanzara su Radio 24. «Dicono che non ha esperienza internazionale, ma io per la prima volta l’ho conosciuto a New York», diceva D’Urso, che per l’occasione si definì «un investment banker internazionale, mentre come politico mi hanno già rottamato». «Con Renzi ci siamo mandati dei messaggi – aveva raccontato alla radio di Confindustria – poi una volta mi ha chiesto una cosa, abbiamo degli amici in comune come Vincenzo Manes (presidente dell’Aeroporto di Firenze e uomo d’affari)».
D’Urso e quel capodanno a Manila, Hawai e Los Angeles
D’Urso, napoletano di nascita, romano d’azione, era un nome noto nella finanza italiana e internazionale. In carriera era stato amministratore delegato della Shearson-Lehman Brothers, vicepresidente della FIP (BNL) e presidente della Finanza e Futuro (De Benedetti). Ma era la sua fama nel mondo del jet set ad aver toccato punte leggendarie. Ha scritto di lui Barbara Palombelli: «Super-presenzialista per diletto e per affari, vanta un record assoluto: tre capodanni nella stessa notte: Manila, Honolulu, Los Angeles. Capace di partecipare a dieci eventi nella stessa giornata, abilissimo nell’arte di sparire per passare al successivo impegno del suo fittissimo carnet. Si muove in continuazione: altissimo, elegantissimo, sicurissimo di sé». Una sicurezza che gli consentiva di presentarsi ai ricevimenti dell’Ambasciata americana a Roma in smoking e scarpe da ginnastica. D’Urso tentò di rientrare in politica nel 2001 con il Ppi. Era tutto pronto per la sua candidatura in Campania, ma la base, sobillata dai dirigenti locali, sbottò: «Ma ve lo figurate voi – si lamentarono alcuni esponenti della base ex Dc – un amico di Agnelli che sta sei mesi all’anno in barca sul suo yacht candidato a Nola e sradicato dal suo collegio di Sorrento?». Fu poi Antonio Valiante, allora potente dirigente locale Ppi, oggi del Pd, a raccontare come la candidatura fosse abortita. «Pensavano di candidare D’Urso nel Cilento. Lui mi telefona: “Caro Antonio, so che da quelle parti, se decidi di darmi una mano, ce la posso fare”. Io gli rispondo: al massimo ti posso prestare la mia casa a Palinuro per le vacanze». Dopo quel no D’Urso abbandonò con augusto distacco ogni velleità di tornare in Parlamento. Sempre meglio le crociere in yacht delle passeggiate in Transatlantico.