Simboli biblici e oscure profezie nel giallo mistico “Il male sulle scarpe”
Omicidi che rievocano pagine della Bibbia, la fisica quantistica e spirituale di Fritijof Capra, le oscure profezie di un monaco del Settecento, Basilio di Kronstadt: ci sono tutti questi elementi nelle vicende narrate dal romanzo d’esordio di Camillo Scoyni (Tullio Pironti editore) e spetterà al poliziotto Enrico Vaciago venire a capo del rebus investigativo che comincia con l’uccisione molto particolare di un gioielliere romano: il killer gli ha versato in bocca oro fuso. E l’oro qui dispiega per intero la sua valenza simbolica ambivalente, ricordando l’episodio di Mosè che obbliga gli ebrei adoratori del Vitello d’ Oro a trangugiar oro fuso per punizione.
L’ispettore Vaciago “modello” di poliziotto colto e vecchio stile
Vaciago si muove tra servizi, mafia, brutalità incontrollabili: ma ciò che appare inspiegabile e privo di senso dev’essere pazientemente riconnesso a una logica che solo l’investigazione vecchio stampo riesce a produrre per signoreggiare il “male” e ricondurlo ad una spiegazione razionale. Per questo Vaciago potrebbe diventare il protagonista di una serie, il classico poliziotto da libro giallo ma senza le bonarie facezie rassicuranti di un Montalbano. Un personaggio più complesso, sia per i riferimenti letterari del romanzo di Scoyni sia perché il thriller sconfina assai volentieri nel genere fantascientifico. Un lavoro durato parecchi anni (tra revisioni, aggiunte, tagli e correzioni) per arrivare alla soluzione finale che, come sempre avviene, si rivela più complessa di ciò che il lettore ha intuito e si è mentalmente anticipato. Un libro che convince anche i palati più raffinati e che rappresenta una sfida ai tanti imitatori di Dan Brown: per creare il clima giusto e una trama avvincente non c’è bisogno del Louvre, tutto può cominciare da una tranquilla e borghese via del quartiere Prati a Roma.