Figli del sindaco “beccati”: il Pd invoca la Carta di Treviso
Ah quant’è difficile essere sindaco, ah quant’è dura essere figli di un sindaco, soprattutto se minorenni. La litania del sindaco di Forlì, Davide Drei ha inizio dopo l’imbarazzante beffa che lo ha riguardato. “Non è facile essere sindaco oggi. Molti l’hanno ricordato anche nei giorni scorsi. Ma non è facile neanche essere figlio di sindaco. Soprattutto se sei un adolescente”. Così sulla sua pagina Facebook Drei tenta di stemperare la concomitanza dei suoi figli minorenni sorpresi da una pattuglia “antidegrado’”, da lui stesso voluta, a imbrattare i muri di Forlì. Spogliatosi dai panni da sindaco e indossati quelli del papà, Drei aggiunge: «Bene che vadano le cose, non sei mai te stesso, ma sempre il figlio di quello, del primo cittadino. Se poi le cose vanno un po’ peggio, anche il figlio del sindaco è una valida occasione per lamentarsi un po’: sfoghiamoci un po’ con il figlio, mica si può sempre dire tutto al sindaco, qualcosa gli arriverà pure, visto che condividono lo stesso tetto.
Imbrattano i muri, ma il Pd manda il soccorso rosso
È un fiume in piena. Le mani scivolano sulla tastiera in questo “sequel” della commedia. Ragazzi, essere figli di qualcuno di importante è un danno, mica un vantaggio…. Ecco perché: «Ma è davanti alla Legge che non pensiamo poi che questo figlio sia proprio uguale a tutti gli altri – continua lo sfogo sarcastico del sindaco -. Mica è un figlio come gli altri. È il figlio del sindaco! L’onestaà e la rettitudine mica devono essere solo requisiti del sindaco, ma anche della sua discendenza. L’età non conta. L’irrequietezza di quell’età non conta. La fatica di crescere come tutti gli altri ragazzi, anche potendo sbagliare, non conta. Almeno un sindaco la sua fatica l’ha scelta lui. Il figlio di un sindaco, invece, nemmeno quella». Uno sfogo che ha del patetico, soprattutto perché quello che vuol far passare per un amarro sarcasmo – le legge per i figli di papà è più tenera che per altri- è purtroppo per lui vero. Infatti il soccorso del Pd al sindaco di Forlì non si è fatto attendere. «Il rispetto per la persona del minore, sia come soggetto agente, sia come vittima di un reato, richiede il mantenimento dell’anonimato nei suoi confronti, il che implica la rinuncia a pubblicare elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla sua identificazione», è la ciambella lanciata dal parlamentare forlivese Marco Di Maio (Pd), giornalista, che ha postato sulla sua bacheca Facebook questo passaggio addirittura scomodando la Carta di Treviso, «documento voluto e firmato da ordine dei giornalisti, sindacato e Telefono azzurro per individuare una condotta comune nel rapporto tra media e minori». I figli minorenni del sindaco di Forlì sorpresi a imbrattare un muro da una pattuglia dei vigili urbani mandati dal Comune a vigilare contro il degrado dovevano rimanere anonimi nei resoconti, dice. «La libertà di informazione è un principio inviolabile – scrive Di Maio – ma altrettanto lo sono i diritti e le tutele dei minori, anche quando questi sono figli di un sindaco». Un principio che vale a corrente alternata, naturalmente.