Brasile, non solo Olimpiadi. In Italia si rileggono i racconti di Machado
Joaquim Maria Machado de Assis (1839-1908) è il più importante romanziere brasiliano dell’Ottocento, che molti critici considerano il più grande di sempre. Il valore atemporale della sua opera lo fa inserire certamente fra i cento maggiori scrittori della letteratura mondiale. I suoi principali romanzi «Memorie postume di Brás Cubas» (1881), «Quincas Borba» (1892) e «Dom Casmurro» (1900) sono tradotti in tutto il mondo e più volte riediti in italiano.
Lo stile di Machado
Machado de Assis che fu cronista, poeta, drammaturgo, oltre ad altri sei romanzi scrisse anche 170 racconti pubblicati in varie raccolte. Tredici dei suoi racconti più belli sono ora stati riuniti dalla casa editrice Lindau di Torino in un volume dal titolo Cronache brasiliane (pp.313, €18,50). In essi si ritrovano e si esaltano le caratteristiche della prosa dello scrittore che prediligeva i periodi e i capitoli brevi, puntando sempre sull’ironia, sul detto e non detto, con una narrazione fatta di frammentarie insinuazioni e squisiti bisbigli che attraggono l’attenzione del lettore.
Dietro la pellicola di buone maniere con la quale Machado de Assis ricopre i suoi libri si cela, secondo la definizione del critico letterario brasiliano Antonio Candido, «un narratore potente e tormentato che si propone di smascherare, investigare, sperimentare, scoprire il mondo dell’anima; ridere della società e mettere a nudo alcuni dei tratti più singolari della personalità umana». Tra i racconti inclusi in Cronache brasiliane, tutti meritevoli di attenta lettura, «Messa di mezzanotte» e «Le braccia» spiccano per la delicata sensualità espressa, mentre «L’Alfiere», «Un uomo celebre» e «Il prestito» si fanno apprezzare per l’acutezza dell’indagine introspettiva.
Machado ridicolizza il positivismo
Una menzione specifica merita «L’Alienista», considerato da molti critici più un romanzo breve che un racconto, e pertanto spesso pubblicato come opera a se stante. Scritto nel 1882, «L’Alienista» è una critica feroce e godibilissima dello spirito positivista e scientista che dall’Europa si era propagato oltre Atlantico e del suo impatto sulla società tropicale dell’epoca. La narrazione è incentrata sulla figura dello psichiatra Simão Bacamarte che, conclusi i suoi studi nel Vecchio Continente, torna nella sua città natale di Itaguaì e si fa autorizzare la creazione della Casa Verde, il primo manicomio in terra brasiliana. L’iniziale fervore per l’arrivo della scienza moderna nella cittadina, viene rapidamente sostituito dallo stupore e dallo sgomento per l’operato del rinomato psichiatra. Il concetto di malattia mentale di Bacamarte si evolve e si estende infatti giorno dopo giorno. Così gli internamenti nella Casa Verde si moltiplicano fino a comprendere il 75% degli abitanti di Itaguaí. Umili e potenti, ricchi o meno abbienti, tutte le categorie della città ne sono colpite. Da qui un crescendo di avvenimenti con un finale a sorpresa…