Armeni 1915: Trump parla di «atrocità», ma non usa la parola genocidio
Le esigenze della geopolitica prevalgono talvolta sulla verità storica. È quello che succede regolarmente nel caso del genocidio degli armeni perpetrato dai Giovani Turchi tra il 1915 e il 19i6. Ankara continua a negare le responsabilità turche su quello che rimane il primo genocidio (cronologicamente parlando) del XX secolo. È un assurdo negazionismo di Stato che è ispirato da motivazioni nazionalistiche. Ma che purtroppo risulta avallato dalle massime autorità mondiali. E tra queste c’è -ci dispice il rilevarlo- anche presidente americano Donald Trump. Il numero uno di Washington ha parlato ieri di «atrocità di massa» commesse dal 1915 contro gli armeni, ma senza citare la parola genocidio. In un comunicato diffuso dalla Casa Bianca nel giorno del ricordo armeno, il presidente cita «le deportazioni, i massacri, gli armeni costretti a camminare verso la morte negli ultimi anni dell’impero ottomanno» e riconosce «la resilienza degli armeni». Parole certo forti, ma tra le quali non c’è, appunto, genocidio. Particolare significativo: neanche il predecessore di Trump, Barack Obama, ha mai parlato di genocidio degli armeni, segno eloquente che ci troviamo di fronte a una sorta di convenzione semantica volta a non irritare, evidentemente, l’alleato turco. «Dobbiamo ricordare le atrocità per evitare che accadano di nuovo», ha quindi aggiunto Trump, limitandosi a esprimere il favore con cui gli Stati Uniti accolgono gli «sforzi di armeni e turchi di riconoscere e venire a patti con la storia dolorosa, un passo cruciale per costruire le fondamenta di un futuro più giusto e tollerante».