In forse il faccia a faccia Trump-Putin. Siria, prosegue la liberazione dall’Isis
Le prospettive di un incontro fra i presidenti russo, Vladimir Putin, e americano, Donald Trump, “non sono diventate più chiare” dopo la visita a Mosca del segretario di Stato americano Rex Tillerson. Lo ha detto oggi il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dall’agenzia stampa Interfax. Tillerson ha incontrato due giorni fa a Mosca il suo omologo Sergei Lavrov e il presidente russo Putin. Gli incontri sono avvenuti dopo che gli Stati Uniti hanno bombardato una base aerea di Damasco in risposta all’attacco chimico a Idlib, attribuito al regime siriano. Alleata del presidente siriano Bashar al Assad, la Russia nega che il regime di Damasco possieda ancora armi chimiche. Intanto sarebbero iniziate questa mattina le operazioni mirate a trasferire la popolazione civile di due città siriane della provincia nordoccidentale di Idlib, al-Foua and Kefraya, verso zone controllate dal regime di Damasco. Lo rendono noto gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, vicino ai ribelli, che riferiscono di bus partiti dalle due città a lungo assediate dai terroristi. Contemporaneamente sono iniziati i trasferimenti dei ribelli sunniti e delle loro famiglie da Madaya, vicino Damasco, città assediata dalle forze governative e dai loro alleati. Gli attivisti hanno poi riferito, senza indicare le motivazioni, che è stata invece rinviata a stasera, o a domani mattina, l’evacuazione di Zabadani, altra città assediata dalle forze di Damasco.
In Siria gli Usa stanno “flettendo i muscoli”
La “madre di tutte le bombe” sganciata in Afghanistan per colpire l’Isis “è stata un’operazione puramente dimostrativa e propagandistica”. Così Andrea Margelletti, presidente del Cesi (Centro Studi Internazionali), commenta il lancio della Gbu-43, la più potente bomba Usa non nucleare, nella provincia di Nangarhar, al confine con il Pakistan. “La vera notizia non è comunque la bomba, quanto che gli Usa abbiano colpito lo Stato Islamico in Afghanistan”, aggiunge Margelletti. “Mi rendo conto che siamo tutti affascinati dai giocattoloni”, spiega Margelletti sorpreso che “la vera notizia dell’anno, ovvero che l’Isis combatte in Afghanistan”, non abbia avuto il giusto risalto mediatico. Con questa ultima azione Trump “ha voluto mostrare la forza militare degli Stati Uniti proprio lì, nella stessa provincia di Nangarhar dove due giorni prima è stato ucciso un soldato delle forze speciali americane”. Parlando anche della precedente azione in Siria, Margelletti fa notare che l’America sta “flettendo i muscoli”: il lancio dei missili Tomahawk dalle navi Usa verso la base aerea siriana di Shayrat “non ha nemmeno sfiorato la pista e non perché l’hanno mancata, semplicemente erano altri gli input”. Ma se un’azione contro la Siria “come si è visto non porta ad alcuna conseguenza”, osserva il presidente del Cesi, “un’operazione simile contro la Corea del Nord porterebbe a profonde conseguenze strategiche”.