Migranti e Ong poco trasparenti: dietro la Moas un giallo internazionale
Si chiama Moas (Migrant offshore aid station), è nata meno di tre anni fa ed è diventata rapidamente una delle Ong più attive nel trasporto dei migranti tra la Libia e l’Italia. Tra le otto Ong nel mirino di Frontex e del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, è quella dal profilo meno trasparente. E anche quella dalle risorse più imponenti.
Il Moas, una Ong gestita da due italoamericani
A far capo alla Moas c’è una coppia italo-americana: Regina e Christofer Catrambone. Entrambi risiedono a Malta dal 2007. Hanno fatto fortuna con le polizze sulla vita per i contractors e i militari che operavano in Afghanistan e in Iraq. Finché, come ha raccontato Il Fatto quotidiano, non si sono commossi per le vicende dei migranti che morivano nelle acque del Mediterraneo. Da quel momento hanno cominciato a investire le loro risorse nelle operazioni di salvataggio dei rifugiati. Sollecitate da Gian Micalessin de Il Giornale fonti militari di Malta hanno esplicitamente sollevato il sospetto che dietro le operazioni di salvataggio vi possano essere attività di intelligence. Insomma, il Moas sarebbe solo una copertura. Il sospetto che non tutto è come sembra lo ha sollevato per primo il procuratore di Catania Zuccaro. Accennando al Moas, aveva parlato di «profili non sempre collimanti con quelli dei filantropi».
Il Moas e il finanziatore fantasma
Che ci siano dietro filantropi o altro, di sicuro la trasparenza non è il punto forte del Moas. Un’inchiesta analoga su questa organizzazione umanitaria è stata condotta da Paola Pintus per Tiscali news. La reporter italiana ha scoperto che la fondazione che finanzia il Moas (la One Foundation con sede a Dublino) ha chiuso i battenti tre anni fa. Inutile la richiesta di chiarimenti al responsabile delle relazioni esterne del Moas, Giulio Tiberio Marostica e al portavoce della One Foundation, Lye Ogunsanya. La fondazione non ha un indirizzo fisico, non ha un numero di telefono ed è in grado di fornire solo una mail. Inutile riuscire a capire da dove arrivino i 5 milioni di euro l’anno (una stima fatta dal procuratore Zuccaro) per le spese vive. La One Foundation ha risposto con una mail evasiva: «Il nostro obiettivo principale è quello della crisi dei rifugiati con cui il mondo si sta confrontando». Intanto la Procura di Catania continua a indagare.