Sentenza choc della Corte Ue: c’è relazione tra vaccino e Sla. Ecco perché

21 Giu 2017 11:43 - di Prisca Righetti
vaccini

Quando statistica e legge raccolgono i tre indizi che fanno la prova scientifica, anche se la conferma medica ancora non è arrivata, succede che, in mancanza di consenso scientifico, il difetto di un vaccino e il nesso di causalità tra il difetto stesso e una malattia possono essere provati con un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti. E a stabilirlo, mettendo un chiaro paletto all’infinito dibatti tra pro-vaccinazione e No vax è direttamente la Corte di giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza relativa alla causa che vede opposti un cittadino francese, ammalatosi di sclerosi multipla, e la Sanofi Pasteur, produttrice di un vaccino contro l’epatite B. E allora, la prossimità temporale tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza di una malattia, l’assenza di precedenti medici personali e familiari della persona vaccinata e l’esistenza di un numero significativo di casi repertoriati di comparsa di tale malattia a seguito di simili somministrazioni possono eventualmente costituire indizi sufficienti a formare una simile prova, secondo i giudici di Lussemburgo. 

Vaccini, l’emblematico caso del signor W. che fa giurisprudenza

E nell’interminabile dibattito intestato ai vaccini, il caso del signor W. fa giurisprudenza. All’uomo, in base a quanto ricostruito dai togati lussemburghesi, è stato somministrato, tra la fine del 1998 e la metà del 1999, un vaccino contro l’epatite B prodotto dalla Sanofi Pasteur. Nell’agosto del ’99, W. ha iniziato a manifestare vari disturbi, che hanno condotto, nel novembre 2000, alla diagnosi di sclerosi multipla. W. è deceduto nel 2011, ma già a partire dal 2006 lui e la sua famiglia hanno promosso un’azione giudiziaria contro la Sanofi Pasteur per ottenere il risarcimento del danno che W. affermava di aver subìto a causa del vaccino. La Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi), chiamata a pronunciarsi, ha dichiarato, in particolare, che non vi è consenso scientifico a favore dell’esistenza di un nesso di causalità tra la vaccinazione contro l’epatite B e l’insorgenza della sclerosi multipla. Ritenendo che fosse non dimostrato il nesso di causalità, ha respinto il ricorso. La Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), dinanzi alla quale la sentenza della Cour d’appel de Paris è stata impugnata, chiede alla Corte di giustizia se, nonostante l’assenza di consenso scientifico e tenuto conto del fatto che, secondo la direttiva dell’Unione sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, spetta al danneggiato provare il danno, il difetto e il nesso di causalità, il giudice possa basarsi su indizi gravi, precisi e concordanti per ravvisare il difetto del vaccino e il nesso di causalità tra il vaccino e la malattia.

Storica sentenza della Corte Ue: ecco cosa dice

Nel caso in questione viene fatto riferimento, in particolare, alle eccellenti condizioni di salute pregresse di W., alla mancanza di precedenti familiari e al collegamento temporale tra la vaccinazione e la comparsa della malattia.  Nella sentenza, la Corte considera compatibile con la direttiva un regime probatorio che autorizza il giudice, in mancanza di prove certe e inconfutabili, a concludere che sussistono un difetto del vaccino e un nesso di causalità tra quest’ultimo e una malattia sulla base di un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti, qualora tale complesso di indizi gli consenta di ritenere, con un grado sufficientemente elevato di probabilità, che una simile conclusione corrisponda alla realtà.  Infatti, un regime probatorio del genere non è tale da comportare un’inversione dell’onere della prova gravante sul danneggiato, poiché spetta a quest’ultimo dimostrare i vari indizi la cui compresenza permetterà al giudice adito di convincersi della sussistenza del difetto del vaccino e del nesso di causalità tra il difetto e il danno subìto.

Quando gravi indizi costituiscono una prova

Inoltre, escludere qualunque modalità di prova diversa dalla prova certa tratta dalla ricerca medica avrebbe l’effetto di rendere eccessivamente difficile o, quando la ricerca medica non permette di stabilire né di escludere l’esistenza di un nesso di causalità, addirittura impossibile far valere la responsabilità del produttore, il che comprometterebbe l’effetto utile della direttiva nonché i suoi obiettivi (cioè tutelare la sicurezza e la salute dei consumatori e garantire una giusta ripartizione dei rischi insiti nella produzione tra il danneggiato e il produttore).  La Corte precisa, tuttavia, che i giudici nazionali devono assicurarsi che gli indizi prodotti siano effettivamente sufficientemente gravi, precisi e concordanti da consentire di concludere che l’esistenza di un difetto del prodotto appare, tenuto altresì conto degli elementi e degli argomenti presentati a propria difesa dal produttore, la spiegazione più plausibile dell’insorgenza del danno. Il giudice nazionale deve inoltre preservare il proprio libero apprezzamento quanto al fatto che una simile prova sia stata o meno fornita in modo giuridicamente sufficiente, fino al momento in cui si ritenga in grado di formare il proprio convincimento definitivo. Chissà che questa sentenza e questa direttiva non comincino a fare scuola anche in casa nostra…

Commenti

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  • Cardamomo 2 Settembre 2018

    Magari, nel riassumere i fatti, non si è scritto chiaramente, ma è molto facile trovare la sentenza e leggere più dettagli……
    Grazie mille per questa condivisione importante!!!

  • MATTA 16 Marzo 2018

    Cortesemente , si parla di SLA o Di SM ?

    Grazie

  • Paolo Rege-Gianas 15 Marzo 2018

    Chi confonde SLA con SM dovrebbe essere incriminato.