Fake news, dietro i siti accusati dal Pd c’è un informatico di Afragola. Che si difende così
Dice di essere solo un amante del web e di non prendere soldi dai partiti, tantomeno finanziamenti dall’estero. A parlare, in un’intervista al Mattino, è Marco Mignogna, il web designer di Afragola che ha creato una serie di siti accusati dal Pd e dal New York Times di far circolare bufale e fake news a vantaggio di Lega e Cinquestelle. Siti per i quali è stato usato lo stesso codice Adsense di Google, che serve per monetizzare le visite ricevute. Una circostanza scoperta da David Puente, ex dipendente della Casaleggio e “cacciatore di bufale” (debunker) sul web e denunciata da Andrea Stroppa, chiamato dal Pd a stilare un report quindicinale sulle bufale in rete.
In pratica in questo modo il tema fake news si annuncia come uno degli elementi di spicco della campagna elettorale con il Pd da una parte che punta l’indice contro grillini e leghisti e dall’altra parte i Cinquestelle che accusano il leader Pd di gettare fumo negli occhi per allontanare l’attenzione da problemi molto più gravi.
Ma esiste una rete eterodiretta dall’estero che influenza l’opinione pubblica in Italia attraverso siti collegati a M5S e Lega? Di vero c’è solo – afferma Mignogna – che la Lega lo ha contattato per collaborare “ma io non ho mai preso un euro da partiti o organizzazioni politiche. Il mio è un hobby. Ho solo la colpa di aver aperto dei siti internet, alcuni di questi hanno avuto successo”. “Io – prosegue – sono un libero cittadino che non ha mai avuto una tessera di partito e, ad esempio, non ho mai avuto alcun rapporto diretto con il Movimento 5 Stelle, non sono mai stato iscritto neppure alle loro piattaforme web, anzi con i leader grillini non mi sono scambiato neppure messaggi sui social. Sono un appassionato di informatica e di marketing e quindi ho iniziato a creare quasi per esperimento dei siti che altro non sono che aggregatori di notizie. Prendo articoli da altri siti web, citando la fonte, ma cambio il titolo per dargli maggiore interesse”.
Alcune di queste notizie, diventando virali sul web, generano profitti legati ai banner pubblicitari ma secondo Mignogna si tratta di poca roba, giusto ciò che gli consente di arrotondare “per mantenere la mia famiglia”.