Genitori di Renzi, la Boschi si scatena contro tutti e “canta” un brano di De Gregori

21 Feb 2019 10:58 - di Franco Bianchini

Scopre all’improvviso l’uso politico dei fatti giudiziari, Maria Elena Boschi. Scopre anche i processi in piazza, la macchina del fango, le coincidenze. Dimentica il recente passato, la strumentalizzazione fatta dai “democratici” che tanto “democratici” non sono. «Noi non giochiamo al ruolo di vittime di una macchinazione diabolica. Sono altri che lo fanno», dice la Boschi. «È Salvini che da mesi spettacolarizza il ruolo della magistratura, che alimenta il suo consenso agitando un conflitto gladiatorio. È lui che si collega in diretta Facebook per aprire davanti a tutti il plico che contiene il suo avviso di garanzia. Qui ci stiamo solo permettendo d’essere stupiti da un provvedimento restrittivo così serio e con quella tempistica». La Boschi, in un’intervista al Foglio, fa il punto della situazione. Se la prende con tutti: «Basta leggere le carte per capire che la misura cautelare nei confronti dei genitori di Renzi è a dir poco ardita – afferma l’ex ministro – Per l’accusa sarà difficile sostenere questa tesi fino in Cassazione. Ma intanto è partito il massacro sui social e sui media. So cos’è la gogna mediatica – aggiunge – l’ho vissuta con mio padre. L’ha vissuta dolorosamente tutta la mia famiglia. E quindi capisco cosa sta succedendo alla famiglia di Renzi. C’è una questione irrisolta nel nostro Paese e riguarda l’uso politico dei fatti giudiziari. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia nel suo insieme e continuo ad averla. A volte però possono sbagliare anche i magistrati, per questo il nostro sistema prevede più gradi di giudizio. L’altro problema è che sui fatti giudiziari s’imbastiscono processi in pubblica piazza».

Boschi denuncia la macchina del fango

«Ho personalmente subìto la macchina del fango scatenata sui social da M5S e Lega – ricorda la Boschi – Ho assistito per mesi a un dibattito pubblico violentissimo, su questioni che non riguardavano nemmeno me personalmente. E ora che i fatti si stanno chiarendo, ogni volta che c’è una notizia che va in questa direzione, a ogni archiviazione, non ne parla nessuno. Ecco. Per questo dico che c’è un problema di cultura prima di tutto. Di princìpi. Di rispetto delle persone. Per non citare la Costituzione, che se ci piace ci deve piacere tutta. I tempi della giustizia vanno aspettati e rispettati. E infatti sono sempre prudente. Mentre in Italia ci si abbandona facilmente alla barbarie, alla violenza verbale. O al silenzio complice e pauroso. All’opportunismo». Quanto all’ipotesi di complotto evocato da alcuni parlamentari vicini a Renzi, «noi non abbiamo parlato di complotto. Noi attendiamo i magistrati. Può essere che qualcuno abbia usato toni più forti ma nessun complotto – chiarisce – Essere garantisti significa però credere anche in una giustizia giusta, e non voglio qui citare De Gregori: cercavi giustizia ma trovasti la legge. Ricordo di cosa parliamo: due settantenni incensurati messi agli arresti. Un provvedimento così forte che arriva dopo mesi dalla richiesta, in un orario insolito, in coincidenza con il voto su Salvini e per una vicenda di anni fa». Per la Boschi, «la costruzione dell’accusa solleva molti dubbi giuridicamente e lo dico da avvocato, più che da politica».

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