Mantovano: «Ma quale stroncatura, leggete bene…»
Ci risiamo, l’Ue contro l’Italia. Nel mirino, ancora una volta, il reato di clandestinità. È la prova, come ha detto Antonio Di Pietro, che siamo di fronte a «una dittatura strisciante» tale da far inorridire le civili e democratiche istituzioni europee? Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, non sembra d’accordo. Anche perché, afferma, «il testo dice cose molto diverse da quelle che sono uscite…».
Allora, onorevole, come giudica il pronunciamento della Corte di giustizia europea?
Cominciamo col dire che io la sentenza me la sono letta tutta. In modo veloce e sommario, ovviamente. Ma non mi sono limitato ai lanci di agenzia che sono usciti.
Perché sottolinea questo punto, ha riscontrato una discrepanza rispetto ai titoli dei lanci usciti su questo fatto?
Sì, mi sembra che in effetti la prima informazione non descriva ciò che realmente è accaduto.
“Reato di clandestinità bocciato dalla Ue”, titolano i giornali on line mentre facciamo l’intervista. Vuole dire che non è così?
Vede, nella sentenza non è affatto abolito il reato di clandestinità, è un elemento che non è minimamente sfiorato dalla Corte. Lì si contesta un fatto specifico relativo a una contestazione di un immigrato…
Ci illumini…
La situazione è questa: il clandestino riceve una notifica di espulsione, il “foglietto”, diciamo. Entro cinque giorni, di conseguenza, deve lasciare l’Italia. Non lo fa, resta qui. Per questo suo comportamento va incontro a una sanzione che secondo il nostro ordinamento va dall’uno ai quattro anni di carcere.
E fin qui ci siamo…
Ora, cosa contesta la Corte? Non il reato di clandestinità ma il fatto che, fermo restando che certi comportamenti possono essere sanzionati penalmente, secondo l’Ue ci deve essere una gradualità delle pene. Non si può, insomma, passare dalla notifica alla carcerazione.
Quindi, se capiamo bene: non si contesta il carcere in sé, ma il fatto che si sia passati dal “foglietto” alla cella con un salto troppo repentino e diretto. Giusto?
Esattamente. La censura riguarda le modalità della sanzione, non il fatto che il clandestino vada espulso. Questo è quanto. Dopodiché, chiarito questo punto, è evidente che la sentenza mi lascia ugualmente perplesso.
Da che punto di vista?
Be’, diciamo che le istituzioni europee non è che ci aiutino. Questo non era certamente il momento adatto per una sentenza del genere, proprio ora che abbiamo fronteggiato l’emergenza esodo dalla Tunisia e ci apprestiamo a gestire quella dalla Libia.
L’idea che l’Ue sia sempre più lontana dalle esigenze degli stati membri esce ulteriormente confermata?
Diciamo innanzitutto che mettere tutto sullo stesso piano – Parlamento, Corte di giustizia etc. – sarebbe arbitrario. E tuttavia una qualche considerazione del contesto in cui ci muoviamo nella realtà, da parte di Bruxelles, non guasterebbe.
Nei momenti di crisi, in effetti, l’Europa sembra mostrare le sue debolezze con particolare efficacia…
Guardi, noi siamo stati tra i fondatori dell’Unione europea – che ancora non si chiamava così, ovviamente – già dagli anni ’50. Abbiamo partecipato perché pensavamo che ci aiutasse a risolvere i problemi. Ma non sembra che le cose stiano così.
Ma, sentenza a parte, il reato di clandestinità è davvero quella mostruosità giuridica fuori dai parametri occidentali, così come hanno detto in molti?
No, il reato di clandestinità esiste in tanti ordinamenti. Anzi, noi siamo arrivati dopo. La stessa Ue, infatti, in base a precedenti direttive, riteneva che rendesse l’espulsione dei clandestini più facile.
Sempre in tema di immigrazione, “la Padania” titolava: “Bombe uguale più clandestini”. Che ne pensa?
Sono d’accordo solo in parte. Io continuo a mantenere una forte perplessità sull’intervento. Detto questo, sappiamo bene che prima, in Libia, c’era una forte presenza di profughi in fuga da vari paesi africani. L’accordo con Gheddafi aveva reso complicato, per costoro, seguire la via del mare. Ora che quei controlli sono saltati la pressione è cresciuta. Ma l’esodo non è figlio delle bombe. Le bombe non sono belle e io non le condivido, ma non sono loro a creare caos. Anche perché i bombardamenti rendono semmai più difficile imbarcarsi verso l’Italia. Sarà quando le bombe si fermeranno, speriamo prima possibile, che allora dovremo veramente affrontare l’emergenza clandestini.