«Ai tempi nostri? La maturità era tutta un’altra “storia”…»
C’è chi quella traccia d’esame non se la ricorda più (tipico meccanismo – come qualcuno ha confessato – di rimozione di un fatto angosciante), chi ha avuto la conferma che le “lettere” erano la strada giusta e chi ha litigato sui contenuti del proprio tema durante la sessione orale manifestando già allora una vis polemica tutta politica. Chiaro, l’esame di maturità è stato un momento generazionale per tutti: anche per chi studente non lo è più da tempo. E se oggi i riflettori sono accesi sui rumor fin dal mese che precede l’appuntamento tanto temuto, c’è stato un tempo in cui a vedersela con “quella notte prima” c’erano solo e solo loro: i ragazzi.
«Un tema che ha fatto discutere»
Ne sa più di qualcosa il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni che il diploma di maturità l’ha ottenuto negli anni ‘90: «Ho un bel ricordo della prima parte perché fino all’orale sono stata abbanstanza tranquilla». Agli scritti nessun problema ma discorso un po’ diverso dopo. «Sì, tutto a causa del tema che ho scelto di fare: quello sulla società complessa che comprendeva una riflessione sulla società multirazziale. Cosa che ha determinato un simpatico e acceso dibattito con i professori durante l’orale perché, come potete immaginare, ai tempi ero già politica divenne e ovviamente i professori non erano molto d’accordo». Il risultato? «Alla fine comunque ho preso il massimo dei voti». Venendo alla prova di quest’anno il ministro concorda con le scelte degli studenti. «Mi piace il taglio che è emerso, e sono contenta che sia piaciuto anche ai ragazzi: temi complessi ma non avulsi dal contesto. Mi sembra un segnale di grande affinità tra il mondo giovanile e le istituzioni». Apprezzato dalla Meloni anche «lo spunto della militanza politica, sopratutto in un tempo come questo». Non ci vuole molto a capire quale traccia avrebbe svolto se si fosse trovata seduta tra i banchi. «Avrei fatto quello sugli anni ‘70 e l’anno scorso quello sulle Foibe. Tutte tracce importanti ma che mettono in gioco aspetti valoriali più che quelli nozionistici».
«Preferisco le tracce di adesso»
C’è, invece, chi non se lo ricorda proprio il tema trattato alla maturità. Come Marcello Veneziani – giornalista e scrittore – che se a memoria ha smarrito la traccia del suo esame su quello di quest’anno non ha dubbi: «Col senno di oggi avrei fatto quello sulle passioni, ma anche quello di Warhol è affascinante. Però conoscendo la mia passione civile da ragazzo di sicuro non mi sarei trattenuto e mi sarei catapultato nella riflessione su destra e sinistra». Proprio qui vi è stata una delle sorprese di questa sessione:con l’inserimento di un contributo dello stesso Veneziani che “dialoga” con Bobbio. «Un passo avanti – spiega – che affronta per la prima volta il tema di destra e sinistra non citando soltanto un autore ma spiegando che si sono diversi autori con i quali riflettere». Oltretutto «si apre ai ragazzi la possibilità che la politica è bipolare e non come spesso si è sentito dire a senso unico, con i buoni da una parte e i cattivi dall’altra». Mentre è comprensibile la delusione su tanti che avevano puntato sulla traccia “patriottica”. «Hanno fatto bene a non proporre il tema sul 150° dell’Unità, così come quello sul decennale delle Twin Tower: tutto precotto». Nessun assist alla Lega anti-unitaria come qualche maligno ha ipotizzato? «Non credo proprio. C’è stata la volontà di non proporre argomenti scontati. Tutto qui».
«Fu un mese di angoscia»
Sorpresa principale dell’esame di quest’anno è stato però il boom della “buona tavola” tra i temi degli studenti. Entusiasta Carlo Petrini, gastronomo e presidente di Slow food: «Penso che sia giusto aver focalizzato l’attenzione sulla questione alimentare, perché in un momento di crisi (da una parte aumenta la fame nel mondo, dall’altra il 40% dei prodotti si butta) è estremamente significativo leggere le riflessioni degli studenti: lo vedo come un atto di fiducia e di maturità». Tant’è che Petrini lancia un vero e proprio appello: «Sarei molto interessato a ricevere questi scritti, vogliamo capire che cosa ne pensa questa generazione». Anche se lo stesso entusiasmo non si percepisce di certo quando parla del suo di esame. «Sono passati quarataquattro anni ma ricordo perfettamente l’angoscia dell’intero mese che precedette l’esame: perché dovevo studiare tutto, dato che mi ero presentato con un mucchio di materie scientifiche sulle quali dovevo recuperare molte insufficienze, io che ero amante di italiano e storia». Il motivo? «I miei speravano di fare di me un buon ingegnere». Sappiamo poi come è andata a finire nella carriera di Petrini: «Anche se ricordo che proprio lo scritto di italiano andò molto bene…».
«I miei? Sono “finiti” nel libro»
La maturità di Antonio Scurati, scrittore e vincitore del premio Campiello, è come nel personaggio tutta da raccontare: «Be’, ho trasportato alcune suggestioni ne Il sopravvissuto» che è la storia di uno studente che si presenta di fronte alla sua commissione e uccide tutti eccetto uno. In effetti Scurati della sua esperienza di liceale non ha un ricordo da incorniciare: «Ero uno che non studiava, mi son diplomato con appena 38 su 60. Calcoli che studiavo a Venezia, nell’antichissiam “Cafoscarina”, un colleggio di fondazione napoleonica gestito in modo autoritario e conservatore». Il tutto “esplode” proprio il giorno dell’esame. «Ricordo che avevo i capelli molto lunghi e la prima cosa che mi dissero fu: “Ma le sembra il modo di venire vesitito?”. Scalpore suscitò poi poi la dichiarazione che feci a un giornale locale (che fece infuriare il preside, un severissimo ex partigiano) quando gli dissi che questi esami sembravano antichi strumenti di tortura. L’articolo creò molto stupore». Ma c’è di più. «Feci la traccia storica all’esame, che mi rimane impressa per la riprovazione che causò: segnalarono con grande asprezza infatti un mio piccolo lapsus quando in un passaggio sostenni che i marinai italiani erano sbarcati a Triento-Trieste: solo che a Trento il mare non c’è». Con tutto questo retroscena è facile comprendere il dopo allora. «Fin da allora mi venne l’idea di coltivare la fantasia di sterminare simbolicamente quella corte. E così è avvenuto». Simbolicamente, chiaro?