«In Costituzione la risposta all’anti-casta»
In pochi lo sanno, ma nel Transatlantico di Montecitorio si aggira da mesi un alieno, forse l’ispiratore di Pacinotti, il regista esordiente che ha Venezia ha raccolto ovazioni ma senza portare a casa premi. Un po’ come potrebbe accadere all’alieno Maurizio Turco, un deputato radicale abituato a battaglie di trincea che da un po’ è impegnato nel tentativo di far passare una legge attesa dal 1948, quella che sulla base della Carta conferisce personalità giuridica ai partiti in nome della democrazia e della trasparenza. «Con un piccolo sforzo ce la possiamo fare, a chiacchiere la vogliono tutti, sarebbe la vera risposta bipartisan, politica e non demagogica, alla campagna contro la casta». L’alieno incassa complimenti e consensi, ma visto il clima politico che si respira in Parlamento, il rischio che resti a mani vuote anche lui è concreto. Il progetto di legge realizza il dettato dell’articolo 49 della Costituzione, fissando princìpi come il riconoscimento della personalità giuridica ai partiti politici, l’indicazione nello statuto degli organi dirigenti e delle relative competenze, le procedure di approvazione di atti politici, i diritti e i doveri degli iscritti e le misure disciplinari, ma contempla anche norme stringenti di controllo sui rimborsi elettorali. «Devo dare atto al presidente della Commissione Affari costituzionali, Donato Bruno, esponente del Pdl, di aver preso una decisione storica: incardinare la discussione sulla legge che attua quell’articolo della Costituzione. Mai nessuno l’aveva fatto, dal dopoguerra in poi. La mia proposta è capofila di altre simili che contengono anche la definizione delle primarie. Ne stiamo parlando, potrei dire che siamo a buon punto, ma…», spiega Turco. Più che la scaramanzia, la storia insegna ad essere prudenti.
Perché l’articolo 49 se le sono dimenticati tutti?
Perché da quando si è passati dal partito unico fascista ai tanti partiti democratici, le logiche non sono cambiate. È sempre convenuto a tutti i gruppi di potere agire senza vincoli sulla trasparenza, sui bilanci, sulla partecipazione degli iscritti. Del resto, è quanto è accaduto anche con i sindacati, se consideriamo che da 50 anni aspettiamo che si attui anche l’articolo 39.
Qual è il cardine della sua proposta?
La democrazia interna e la trasparenza, con un controllo puntiglioso dei bilanci, affidato alla Corte dei Conti nella parte relativa all’utilizzo delle risorse pubbliche, come è giusto che sia per chi ne usufruisce.
Davvero crede che questa proposta possa essere il primo tassello di un’azione riformista bipartisan da completare in questa legislatura?
Bè, per coerenza, questa proposta di legge dovrebbe andare fino in fondo, visto che è difficile, e finora non è accaduto, che qualcuno si pronunci contro la democrazia interna del partito e la legalità a garanzia degli iscritti. Il presidente Bruno ha già sintetizzato diverse proposte ed esiste anche un documento degli uffici della Camera che mette a confronto i vari punti. Il problema è che ormai l’incubo di tutti sembra essere diventata la legge elettorale.
In che senso?
È evidente che c’è un gruppo oligarchico trasversale in Parlamento che punta ad andare a queste elezioni con la stessa legge elettorale, dimezzando solo il numero dei parlamentari, per poterli controllare meglio. Quello che tempo fa disse Berlusconi – quando sostenne che in Parlamento ne bastavano cinque per gruppo – lo pensano in tanti. Io invece sono convinto che i costi della democrazia siano una cosa diversa dagli abusi e dagli sprechi e che al Parlamento vada ridata centralità, altro che dimezzamento. La risposta politica deve essere quella di riavvicinare la gente alla politica, anche e soprattutto rendendo i partiti delle case di vetro. Che poi è quello che dice la Costituzione. Tutto quello che avviene in un partito deve essere pubblico, non come accade oggi, anche nel Pd.
A che cosa si riferisce?
Faccio un esempio. L’assemblea nazionale del Pd si era espressa per l’uninominale, a un turno o a doppio turno, poi improvvisamente è venuto fuori che il partito ha una sua proposta diversa, partorita non si sa bene dove: in un caminetto, in una sottodirezione… In un partito regolato da uno Statuto vero chi sconfessa la linea varata da un’assemblea di mille iscritti va mandato via.
E le primarie? Nel suo testo non se ne parla. È possibile sintetizzare in un unico testo anche questo punto, che anche il Pd sostiene, visto che Veltroni è firmatario a sua volta di un pdl?
A mio avviso le primarie vanno collegate alle decisioni sulla legge elettorale. Io, per esempio, sono dell’idea che ogni partito dovrebbe farle al suo interno, in collegi non più grandi di 60-70mila abitanti. Il punto, però, è dare fiato alla mia proposta, perché traccia un percorso che può essere condiviso da tutti: articolo 49, legge elettorale nuova, definizione delle primarie. A chiacchiere, ripeto, sono tutti d’accordo, come potrebbero non esserlo? Vedremo in Commissione cosa succederà. Ma io non mi considero un marziano: è troppo facile non avere fiducia nelle cose difficili.