Milanese, fallisce anche la spallata manettara
Non è il caso di festeggiare ma la notizia è che la maggioranza incassa e porta a casa il no alla richiesta di arresto del deputato Marco Milanese quando qualche gufo già sembrava pronto a cantare vittoria. Un voto “giudiziario” che l’opposizione aveva cercato di rendere “politico” puntando sul collegamento con il ministro Tremonti, che ieri, peraltro, in aula non si è presentato per impegni internazionali. In una clima di tensione all’esterno di Montecitorio, dove il popolo viola di esercitava nel gioco delle arance e delle monetine, l’aula s’è espressa contro l’arresto di Marco Milanese con il sì di 312 deputati alla relazione della giunta che dava parere negativo e il no di 305 deputati. Un risultato comunque ampio per la maggioranza, nonostante la presunta presenza di sette franchi tiratori nel centrodestra, visto che ai 299 voti delle forze di opposizione se ne sono aggiunti altri 7 portando il conteggio finale a 306 (anche se il presidente Gianfranco Fini ne ha attribuiti 305 a favore dell’arresto perchè il voto del vicesegretario del Pd, Enrico Letta, non è stato conteggiato per un guasto al sistema elettronico). Ma la questione è controversa, visto che in realtà, sulla base degli assenti del Pdl, otto, il conteggio della maggioranza risalirebbe a 320, ben al di sopra del limite (316) raggiunto con l’ultimo voto di fiducia.
Tra sollievo e rabbia
Abbracci, strette di mano e pacche sulle spalle. Così i colleghi del Pdl hanno manifestato a Marco Milanese la propria soddisfazione per il verdetto dell’aula. Il deputato, all’annuncio del presidente della Camera Fini sull’esito del voto, è rimasto seduto, accogliendo con flemma il pronunciamento dell’aula. «È stato un voto di coscienza. Io ho pensato alla famiglia, a mia figlia e alla mia compagna, a quanto hanno sofferto e quanto ancora continueranno a soffrire», ha poi spiegato lo stesso Milanese intervenendo alla trasmissione Porta a Porta. Il voto di oggi a Montecitorio «è stato solo un passaggio, il processo va avanti e dunque tanta sofferenza ancora ci aspetta», ha aggiunto. Ai banchi del governo, durante la seduta, c’era anche Silvio Berlusconi. “Solo sette voti?”, pare che abbia chiesto il premier a Ignazio La Russa, che gli sedeva accanto quando Gianfranco Fini scandisce l’esito della votazione (segreta) che respinge la richiesta di arresto per Marco Milanese. Ad alimentare la tensione di una mattinata al cardiopalma per la maggioranza era stata l’assenza di Giulio Tremonti. Il ministro dell’Economia era impegnato ieri pomeriggio alle 16 (ora Usa) a Washington in una riunione del Fondo monetario internazionale dove rappresenta l’Italia. Le polemiche da parte dell’opposizione si sono sprecate, ma il fatto di fatto è che Tremonti a quell’impegno in terra Usa doveva esserci, anche se i mugugni non sono mancati anche tra le fila del Pdl. Fabrizio Cicchitto non si è nascosto dietro l’anonimato e ha accusato il ministro dell’Economia di «atteggiamento non responsabile». La Santanchè ha proprio sparato a zero sul collega di governo, definendo «umanamente vergognosa» l’assenza del ministro. Il diretto interessato, Marco Milanese, ex braccio destro del ministro, non s’è però sentito personalmente colpito: «Tremonti era in missione, non muovo critiche», ha detto. Berlusconi, invece, ha preferito glissare: «L’assenza di Tremonti? Mi faccia un’altra domanda».
Berlusconi; si va avanti
Il Cavaliere, prima del voto, aveva tuonato contro lo “stato di polizia”. Più tardi, invece, ha ostentato ottimismo: «Sono sereno e soddisfatto». Per poi lasciarsi andare ad alcune battute sull’inchiesta di Napoli: «Sono un tipo a cui piace scherzare. Anche in quella telefonata in cui dicevo che sono stato con otto donne, è ovvio che scherzavo. Nessuno potrebbe farlo. Eppoi io lavoro 20 ore al giorno. È in atto un vero e proprio attacco, e non solo ad opera di certi magistrati politicizzati che fanno un uso illegittimo della giustizia, al governo per destabilizzarci e danneggiare il Paese, ma noi resisteremo e andremo avanti».
Lega e Pdl è soddisfatti
Con il no della Camera all’arresto del deputato Pdl, Marco Milanese, «è stato respinto un tentativo giustizialista», è stato il commento del capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto. «La maggioranza ha tenuto e ha fatto il pieno e il Parlamento ha così respinto il tentativo di privare la maggioranza di un’altra persona», e questo nonostante le assenze nelle file del Pdl, «come nel caso di Frattini, Tremonti e lo stesso Papa», fa notare ancora Cicchitto, richiamando il caso del parlamentare Pdl finito in manette. Il capogruppo del Pdl è anche tornato inoltre sulla polemica relativa al voto segreto. «Un tentativo messo in atto per scardinare la maggioranza». Anche la Lega s’è allineata sul voto, con Bossi che ha smentito l’ipotesi chei franchi tiratori si annidassero tra le proprie file. «Questo voto è andato. L’avevo detto che la Lega non avrebbe fatto cadere il governo. Siamo alleati leali», ha spiegato il leader della Lega.
Riforme nel mirino
Nel pomeriggio, poi, Berlusconi ha ricevuto a Palazzo Grazioli, i vertici del Pdl. Nelle prossime settimane perciò proseguirà il lavoro sulla riforma del welfare e su quella fiscale e il confronto all’interno del centrodestra per poter arrivare entro metà ottobre al varo del decreto sullo sviluppo. Un provvedimento, si è sottolineato durante la riunione, che dovrà essere frutto di un confronto tra il governo e la maggioranza parlamentare e su questo Berlusconi avrebbe assicurato la disponibilità e l’intenzione di seguire il metodo della collegialità. Quanto alle altre riforme, restano tra le priorità gli interventi sulla giustizia, a partire dal disegno di legge sulle intercettazioni, calendarizzato nell’aula di Montecitorio per la prossima settimana. Del resto, ha ricordato il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, “questo ddl è alla Camera già da due anni, più che accelerato è stato ritardato”. Ma durante la riunione sarebbe stata sottolineata anche la necessità di una forte iniziativa politica del centrodestra di fronte ad azioni di alcuni magistrati che vengono considerate un’anomalia da correggere. Il vertice di maggioranza avrebbe poi ribadito la volontà di modificare la legge elettorale, anche per neutralizzare l’eventuale svolgimento del referendum, con un intervento che soddisfi l’esigenza sollevata da più parti di superare l’attuale sistema delle liste bloccate che toglie ogni rapporto tra eletti ed elettori. Un modo per cercare di riallacciare i rapporti con l’Udc, anche se rispetto ai centristi si cercherà di verificare se effettivamente c’è la volontà e la possibilità di stabilire un’intesa più ampia che abbia nel Partito popolare europeo il suo riferimento.