Se la sinistra snob “suicida” la cultura
Il Louvre e l’Archeologico Nazionale di Napoli, oltre al fatto di essere due musei, hanno ben poco in comune. Nonostante ciò, l’apparizione di entità ectoplasmatiche nell’edificio borbonico ha di fatto pareggiato – almeno sul piano esoterico – il raffronto tra le due istituzioni. Se il Louvre vanta, infatti, il suo “fantasma” grazie al fortunato romanzo di Arthur Bernède, l’Archeologico può senz’altro vantare uno “spettro” altrettanto inquietante. Di certo non si tratta dei malori che, tra i sarcofagi con le mummie egizie e vasi canopici, colpiscono visitatori e lavoratori. La magistratura ha, infatti, stabilito che questi sono dovuti alla mancanza di un adeguato sistema di ventilazione. Svelato l’arcano, l’inconveniente non è stato rimosso perché come quasi sempre accade, mancano i necessari fondi. Pertanto la chiusura delle sale della preziosa collezione egizia, al momento sembra l’unica soluzione possibile.
E non c’entra neanche la singolare storia della diafana immagine di bimba fotografata dall’architetto Oreste Albarano, responsabile dei lavori di ristrutturazione del museo napoletano. La nostra misteriosa figura non vaga per le sale avvolta in un mantello scuro, con un nero e lungo copricapo e il volto nascosto da una maschera. Non è stata avvistata accanto alla statua di Belfagor. Non è incorporea, ma si nota sempre più di rado e ha tutti i titoli per essere ritenuta una sorta di specie non protetta in via di estinzione. Si tratta del custode dei beni culturali; di quello che un tempo era un agente di Pubblica sicurezza. L’unica figura professionale deputata a far rispettare leggi e regolamenti per la salvaguardia del patrimonio culturale dello Stato.
Ritenuto anacronistico, salvo poi auspicare la formazione di gruppi armati (privati) di pronto intervento coordinati da una cabina di regia (prof. G. Vecchio, agosto 2011), è stato interessato da un’estenuante opera di “razionalizzazione” durata circa 25 anni che ha portato all’accorpamento di diverse mansioni, alla cancellazione dell’originaria funzione di agente di Pubblica sicurezza, e alla nuova qualifica di assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza. Nei ruoli della vigilanza è stato immesso personale proveniente da Ales, Scabec, ex servizi socialmente utili, senza un’adeguata preparazione e, soprattutto, privo del fondamentale requisito della qualifica di agente di Pubblica sicurezza senza il quale l’impiegato di ruolo, secondo la legge, va licenziato. Il risultato purtroppo non è stato all’altezza delle attese. La consistenza numerica, l’inadeguata selezione e l’approssimativa preparazione del personale A.f.a.v. non consentono, infatti, di realizzare un’efficace tutela del patrimonio culturale attraverso l’applicazione delle leggi non sempre disattese dalla sola utenza. Per evitare quindi che possano essere perpetrati danni al bene culturale si ricorre sempre più spesso alle visite a tempo e alla chiusura d’intere collezioni (egiziana, epigrafica, numismatica, preistorica, le gemme farnesi, i plastici di Napoli e Pompei antiche) con evidenti danni al turismo culturale.
Questi nostri fantasmi hanno superato il limite massimo dei turni festivi annui consentiti dal ministero malgrado ciò, l’abnegazione del personale di vigilanza ha permesso di mantenere aperte al pubblico le aree archeologiche nei giorni festivi proprio nel periodo di maggior afflusso turistico.
Ma il rischio non è scongiurato. Nell’immediato futuro, a causa della perdurante rarefazione del personale di vigilanza, l’eventualità che i siti archeologici e museali della Soprintendenza di Napoli e Pompei – scavi di Pompei, Ercolano, Oplontis, Boscoreale, Stabia, Museo Nazionale, Castello di Baia, Pozzuoli e di tutte le altre aree minori – possano rimanere chiusi nei giorni festivi è tutt’altro che remota. Questa malaugurata prospettiva non è tuttavia un’esclusiva assoluta della Campania. Le preoccupazioni suscitate dallo stato di sofferenza della cultura in generale e delle crescenti difficoltà nel preservare dai fattori di rischio il patrimonio culturale nazionale hanno indotto un nutrito gruppo di dirigenti centrali e periferici del Mibac ad indirizzare al ministro Galan un documento articolato in sei punti tra i quali spicca la richiesta di assicurare un adeguato reclutamento e una formazione permanente del personale al fine di garantire un livello qualitativo sempre più elevato e aggiornato, anche per rafforzare efficacia e autorevolezza delle strutture ministeriali nella percezione dell’opinione pubblica. Il fatto che la fruizione delle bellezze archeologiche e del patrimonio culturale in genere sia condizionata in negativo dalla carenza di personale è già di per sé inconcepibile per un Paese che ha nel turismo culturale uno dei punti di forza della propria economia, ma a Napoli e in Campania, dove si registrano i tassi più elevati di giovani inoccupati, questa condizione assume contorni immorali, grotteschi e paradossali.