«Al mio Napoli serve coraggio, come al Pdl»
Sotto il vestito la maglia di Lavezzi. Gaetano Quagliariello, vice presidente del gruppo del Pdl a Palazzo Madama, vive le vicende sportive del Napoli con la stessa intensità riservata al confronto parlamentare con la sinistra. Ordinario di storia dei partiti politici alla Luiss di Roma, è uno dei massimi studiosi italiani di Charles de Gaulle, nonché fondatore e presidente della Fondazione Magna Carta. Tra pronostici sul prossimo test europeo dei partenopei contro il Bayern Monaco e i ricordi delle domeniche al Della Vittoria di Bari, Quagliariello racconta anche aneddoti sui brindisi di Berlusconi per i successi dell’Inter, sul Napoli Club Parlamento e sugli sfottò dopo le partite di campionato. E al segretario del Pdl, Angelino Alfano, indica un modello per la guida del partito: la determinazione di Walter Mazzarri.
Senatore, la sconfitta del Napoli a Catania quanto ha influito sul suo umore?
Molto. Mi sono preso una forte arrabbiatura… La squadra al completo finora è andata oltre le aspettative. Le vittorie con Milan, Inter e Udinese, insieme ai buoni risultati in Champions, erano inattese e non immaginabili a inizio stagione. Poi ci sono state le sconfitte con Parma, Chievo e ora al Massimino. Ma in dieci abbiamo giocato bene, senza contare che l’espulsione di Santana non c’era.
Emergono i limiti della rosa partenopea?
I rincalzi non hanno le stesse potenzialità dei titolari. I risultati in tono minore attuando il turn over sono evidenti.
Alle porte c’è la trasferta a Monaco di Champions.
Sono fiducioso per la partita di domani. L’Allianz Arena trasmetterà grandi motivazioni ai giocatori.
Capitolo Amarcord. Come è avvenuta la sua “alfabetizzazione” calcistica?
Sono nato a Napoli e a tre anni mi sono trasferito a Bari con mio padre (Ernesto Quagliariello, rettore dell’Ateneo del capoluogo pugliese dal ’70 al ’77, n.d.r.). Andavamo insieme a vedere il Bari allo Stadio della Vittoria, insieme ad un amico di famiglia, Augusto Costa. I biancorossi navigavano tra serie C e B. Ricordo le gesta di buoni giocatori come Cicogna, Mujesan, Muccini, Fara, il portiere Minussi… La passione per i galletti era compatibile quindi con quella per il Napoli, che rappresentava il ritorno alle mie radici, un richiamo delle origini. Andare a vedere le partite al San Paolo mi dava grandi emozioni. E ricordo nitida la sofferenza soprattutto nelle sfide contro la Juventus.
Ha un clan con cui segue le partite degli azzurri?
Ogni domenica ricevo informazioni minuto per minuto dai miei “corrispondenti”, amici cari che mi aggiornano costantemente: sono Giovanni Formicola e Luciano Cecconi. Di questa comunità di sfegatati tifosi campani fanno parte anche i giornalisti Fabrizio Dell’Orefice de “Il Tempo” e Marco Iasevoli di “Avvenire”.
Il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, è invece un acceso romanista…
Ci sfottiamo amabilmente – anche Fabrizio Cicchitto alla Camera non esce indenne dalle nostre battute sportive – ma nel gruppo a Palazzo Madama ci sono tifosi napoletani sorprendenti, come il calabrese Antonio Gentile e il ligure Gabriele Boscetto. Infine c’è il Napoli Club Parlamento: il sodalizio è un po’ in sonno dopo la nomina a sottosegretario del presidente Riccardo Villari. Dovremmo impegnarci di più per farlo decollare.
Poi c’è la leggenda dell’altarino nel suo ufficio…
È tutto vero. Ho le statue di Cavani e Lavezzi, una maglia autografata del bomber uruguaiano, le sciarpe più importanti degli azzurri e i quadretti con i biglietti di tre partite memorabili: Napoli-Fiorentina del primo scudetto, Stoccarda-Napoli, vittoriosa finale di Coppa Uefa e Napoli-Lazio del secondo tricolore.
Tra Lavezzi e Cavani?
Preferisco il primo. È il vero valore aggiunto in campo. Allo stesso tempo non nascondo che con Cavani c’è una naturale empatia.
Nel Pdl c’è maggiore armonia quando si discute di pallone o quando si dibatte dei prossimi congressi territoriali?
Non abbiamo la prova contraria… Al momento sul calcio si registra molto <+corsivo>fair play<+tondo>. In due occasioni il “milanista” Berlusconi, mentre cenavamo in contemporanea con partite di Coppa dell’Inter, ci ha invitato a brindare ai successi dei nerazzurri. Spero che ci sia la stessa “sportività” anche nelle prossime consultazioni interne al partito.
Angelino Alfano è il segretario “allenatore” del Pdl. A che maestro della panchina dovrebbe ispirarsi?
Mi piacerebbe fosse un allenatore in campo, perché lo vedo bene nel ruolo di regista. Poi per la capigliatura assomiglia a quel raffinato centrocampista del Napoli di nome Gokhan Inler. Tra i maghi della panchina vorrei prendesse esempio dalla genuina determinazione di Walter Mazzarri, perché adesso è il momento di levarsi la giacca, rimboccarsi le maniche e impegnarsi al massimo in vista delle battaglie politiche che ci attendono.
Intellettuali e pallone. Una parte della sinistra si è a lungo affannata invano nel ridimensionare il ruolo di un fenomeno sociale come il calcio.
I Soloni dei salotti gauchisti hanno sempre schifato il pallone, mentre è una grande metafora della vita e dei valori degli uomini. Le sfide internazionali contribuiscono a far riemergere le identità dei popoli. Infine non è un caso che il romanticismo del calcio abbia ispirato scrittori e musicisti. “La leva calcistica del ’68” di Francesco De Gregori è una delle più belle canzoni del nostro repertorio nazionale.