Corrida in aula, Fini finisce sotto accusa:

26 Ott 2011 19:19 - di

Lo chiamano l’Agricoltore. Fisico massiccio, collo taurino, sguardo bonario di quelli che quando perdono le staffe si trasfigurano nei connotati. Di lui i colleghi padani dicono che è così possente “da spostare le vacche con le braccia”, ipotesi plausibile visto che dalle sue parti, nel Parmense, è il portavoce dei produttori di latte emiliani. Il suo nome è Fabio Rainieri, deputato leghista, l’uomo meno adatto con cui discutere al semaforo, figuriamoci a farci a botte in un’aula parlamentare. Claudio Barbaro, esponente di Fli, era all’oscuro di tutto quando ha salito precipitosamente i gradini del corridoio che separa i banchi dei finiani da quelli della Lega per inveire e lanciarsi contro l’Agricoltore, che però bloccava al volo la mano di Barbaro protesa nel cazzotto, oplà, come un giocatore di baseball che afferra la palla battuta violentemente dalla mazza. Servivano sei commessi della Camera per fermare la reazione dell’Agricoltore leghista, a quel punto già trasfigurato. Ma il secondo round proseguiva in Transatlantico, quando Rainieri andava a cercare Barbaro per un simpatico chiarimento, prima di essere “dirottato” di peso in un corridoio laterale dai commessi, come un toro sottratto alla corrida. Intanto i deputati leghisti circondavano il capogruppo di Fli, Benedetto Della Vedova, per chiedergli conto del tentativo di aggressione al loro collega. In serata arrivavano le scuse ufficiali di Barbaro a Rainieri, per via radiofonica. Si concludeva così una giornata di scontri alla Camera sul ruolo del presidente Gianfranco Fini, al centro di furiosi attacchi del Carroccio prima e del resto della maggioranza poi, per la sua partecipazione dell’altra sera a Ballarò, dove si era esibito in una performance da politico di parte a tutto tondo sconfinando poi nel gossip, con un attacco personale alla moglie di Bossi, titolare, a suo dire, di una baby pensione. Il senatùr, in serata, mandava a quel paese Fini, ricordandogli che la sua consorte beneficia di una legge dello Stato non certamente votata dal Carroccio.

Un ring con platea di studenti

È stata una mattinata surreale, con un pubblico di giovani studenti in tribuna, trasecolati, con Fli in difesa del proprio leader in assenza del protagonista, tornato a presiedere l’aula solo dopo la fase più calda degli scontri. In coro, da Lega, Pdl e Responsabili è arrivata la richiesta di dimissioni di Fini, formalizzata da Fabrizio Cicchitto: «Investiremo il presidente Napolitano della situazione di difficoltà istituzionale determinata dal comportamento del presidente Fini, che rappresenta tutta la Camera ma se va in tv e addirittura attacca la moglie di un ministro crea un problema».

L’offensiva della Lega
La seduta si era aperta con le bordate leghiste a Fini lanciate dal capogruppo della Lega alla Camera Marco Reguzzoni. «Il suo comportamento di questo giorni è inopportuno: chi presiede la Camera non può sedere in uno studio televisivo al livello di altri leader politici», esordiva l’esponente del Carroccio, mentre i deputati della Lega e molti del Pdl applaudivano e urlavano «dimissioni, dimissioni!». «La Lega è una forza pacifica e responsabile, ma non tollera soprusi nè ingiustizie. È inopportuno che il presidente Fini si faccia partecipe di dibattiti con valutazioni politiche. Uno che fa politica non può sedere sul seggio più alto della Camera», diceva ancora Reguzzoni. Ma la botta piu forte arrivava poco dopo. Reguzzoni denunciava la «caduta di stile» di Fini «nel coinvolgere la moglie di un ministro, di un nostro ministro, offendendo tutti quelli che hanno pensioni in regola con le leggi, giuste o in giuste che siano, in vigore quando sono andati in pensione», sosteneva il capogruppo leghista riferendosi al caso della moglie di Bossi, citata martedì da Fini a Ballarò come baby pensionata a 39 anni.«Quando vigevano quelle leggi la Lega non era in Parlamento. Fini invece sì, e non ha fato nulla per eliminarle». Infine Reguzzoni condannava il fatto che «un movimento politico, Fli, che mai candidato alle elezioni, ha il nome di Fini nel simbolo. E questo è inaccettabile».

Insulti e cori contro Moffa

Dopo l’intervento di Reguzzoni, in difesa di Fini prendeva la parola il vicepresidente di Fli Italo Bocchino. «Credo che il presidente della Camera, essendo un leader politico, abbia tutto il diritto…», iniziava nel suo intervento, prima di essere interrotto dalle contestazioni della Lega. Poi lo scontro degenerava, fino al corpo a corpo tra Rainieri e Barbaro. La seduta della Camera, interrotta, riprendeva con l’apparizione di Fini, accolto dal grido «dimissioni, dimissioni!» dei deputati della Lega. Il presidente della Camera sorrideva, chiedendo se qualche deputato avesse intenzione di intervenire sulla questione sollevata dal Carroccio. Dopo Bocchino e Cicchitto, il clima si surriscaldava quando prendeva la parola l’ex esponente del Pdl Santo Versace, che chiedeva le dimissioni del premier. Per lui, un coro a base di “buffone” e “voltagabbana” dai banchi del Pdl e della Lega, applausi, invece, dalle opposizioni. Poi parlava il capogruppo di Popolo e Territorio Silvano Moffa. E qui cominciava di nuovo la bagarre. Moffa, sotto l’aspetto politico, si rivolgeva direttamente a Fini che “si è venduto l’anima della destra a Vendola”, ma su quello istituzionali muoveva al presidente della Camera rilievi tecnici precisi, dalla gestione maldestra della bocciatura del Rendiconto dello Stato alla composizione della giunta per il Regolamento (che al momento vede la magigoranza praticamente in minoranza dopo le varie transumanzie parlamentari) di cui Moffa invocava la ricomposizione su base proporzionale, come da precedenti. Ma il suo intervento veniva interrotto a più riprese dalle grida dei banchi del Fli, con Fabio Granata protagonista di insulti che andavano dal “buffone” al “venduto”. «Evidentemente ho colpito nel segno», commentava poi Silvano Moffa.

Il bubbone delle Commissioni

Accanto alla questione della giunta per il Regolamento, sollevata da Moffa, in Parlamento esiste una questione di fondo che riguarda il corretto svolgimento delle attività parlamentari. Accusare Moffa o qualsiasi altro parlamentare di aver cambiato casacca è un esercizio di ipocrisia politica se si considera che il numero di deputati passati dalla maggioranza all’opposizione, e non solo finiani, è di gran lunga superiore, con un rapporto uno a tre. Questo ha di fatto paralizzato diverse commissioni, compresa quella della Vigilanza sulla Rai, dove con la decisione di defilarsi dalla maggioranza da parte di Sardelli (che si muove su una linea di confine) l’opposizione ha pareggiato i componenti, potendo però vantare anche il presidente Zavoli, che vede così trasformarsi il suo ruolo di garanzia in un ruolo decisivo ai fini delle votazioni degli atti.

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