Da quale pulpito arriva lo sbadiglio
Quegli sbadigli di Bossi in aula, fotografati più del bacio di William e Kate il giorno delle nozze, hanno poche speranze di passare alla storia del Parlamento. In fatto di sonnellini, colpi di sonno e allargamento di fauci da ippopotamo dopo pranzo, il copyright è cosa loro. Roba di Prodi, D’Alema e Bersani.
Guai a rubare il marchio al centrosinistra e ai suoi illustri leader. Alzi la mano chi, pensando a un leader soporifero e addormentato, non materializza il faccione di Romano Prodi. Appena eletto premier nel 1996 nell’intervista all’amico Enzo Biagi per “Il Fatto” (la trasmissione, non c’era ancora il quotidiano) sintetizzò mirabilmente il suo programma elettorale: «Non vedo l’ora di farmi una lunga dormita». La fece lui, nei suoi anni di permanenza a Palazzo Chigi, la fece fare purtroppo anche agli italiani. Perché, diciamola tutta, il Professore ha costruito una carriera sulla strategia dello sbadiglio.
Lo stesso manifesto elettorale “La serietà al governo” era un modo come un altro per anticipare che, con lui, la noia era inserita nel programma. Ancora adesso il testimone di quello stile curiale, al cloroformio, è incarnato da testimonial come il vicecapogruppo dei senatori Pd. Per capire di chi si parla si prega di sfogliare La Stampa (non qualche perfida penna di un quotidiano centrodestra su Libero o Il Giornale) dell’otto settembre in occasione di un dibattito a Palazzo Madama: «Dai banchi del Pd, per le dichiarazioni di voto, si è alzato Luigi Zanda, rispettabilissimo cattolico sardo e tuttavia uno con l’aspetto e la parlantina del direttore di un sanatorio per tisici». Perché a sinistra lo sbadiglio prima ancora che praticato viene vissuto come una cifra esistenziale. Se non li fanno, li suscitano. Come ha detto esplicitamente Matteo Renzi. «Il Nuovo Ulivo? Fa sbadigliare – ha attaccato il sindaco di Firenze in un’intervista a Repubblica – è ora di rottamare i nostri dirigenti». C’è tutta una tradizione che vanta appunto nel Professore emiliano un indiscusso capostipite. «Soporifero e banale», venne rubricato il suo primo intervento alle Camere quindici anni fa, dall’ex ministro della Difesa, Antonio Martino. Due aggettivi che sono sempre andati di pari passo con la tradizione degli esecutivi firmati Romano.
Ma lo sbadiglio è traditore e i fotografi sono cecchini implacabili nelle aule del Parlamento. A scorrere le gallerie degli sbadiglianti si trova un elenco nutrito di esponenti del centrosinistra. Tra i tanti, venne sorpreso spietatamente dall’obiettivo anche il predecessore di Tremonti a via XX settembre, Tommaso Padoa-Schioppa. E poi ci sono sbadigli e sbadigli. Nel Partito democratico c’è chi lo sfodera nella versione istituzionale in quella casalinga, di partito con sfumature maliziose. Nobile e casuali quelli di Massimo D’Alema, fotografato al banco del governo nell’aula di Palazzo Madama da ministro degli Esteri. Meritò invece qualche retropensiero cattivo lo sbadiglio solenne e plateale al Lingotto di Torino in occasione del glorioso discorso d’investitura di Walter Veltroni. . Dallo sbadiglio alla pennichella democrat il passo è breve. Così nell’aula di Montecitorio un implacabile fotografo ha colto persino Pierluigi Bersani stravaccato come uno dei peones (nel senso di contadini messicani) all’ora della siesta. Testa sul banco e sogni d’oro. Laddove non arrivano le documentazioni fotografiche ci sono invece le testimonianze di giornalisti (Vittorio Zincone) e giornali (Corriere della Sera) non tacciati di berlusconismo. Il soggetto in questione è Rosy Bindi, intervistata per il “Magazine” del giornale di via Solferino. Conversazione datata maggio 2007. La nostra all’epoca è ministro della Famiglia. Scrive Zincone: «Durante l’intervista, il ministro ogni tanto sbadiglia. “La sto annoiando?”, chiedo. “No. Sono un po’ stanca”, risponde. Sono le 16. Ipotizzo che abbia saltato il suo pisolino pomeridiano». Non è presente un computatore di Repubblica pronto a farci sapere quanti sono stati gli sbadigli. Senza dimenticare che, particolare non trascurabile, la signora Bindi gode di ottima salute e non è mai stata mai colpita da un ictus come accaduto invece al leader del Carroccio. Perché andando ad attingere al passato lo sbadiglio ha colpito tutti. E alla valenza politica data alle smorfie facciali non era ancora arrivato nessuno. Un dato è certo: non basteranno uno come Bossi e i suoi sbadigli (Repubblica con certosina attenzione ne ha calcolati dodici) a strappare loro lo scettro. Lo sbadiglio è roba loro. Tutto il resto è noia.