I soldi per Santoro ci sono: basta chiedere ai vip d’oro
Adottato a distanza, come i bambini delle missioni del terzo mondo, Michele Santoro gonfia il petto per i risultati della raccolta fondi per la sua nuova trasmissione da esiliato da viale Mazzini. «Mi sembra straordinario che già cinquantamila persone, dopo aver pagato il canone Rai, spendano dieci euro per vedere me», dice il giornalista alla vigilia della partenza della nuova trasmissione, Comizi d’amore, il 3 novembre su Sky, sulle Tv locali, sul Web. Quasi seicentomila euro raccolti, considerato che per ogni puntata il nostro conduttore chiede duecentomila euro, i soldi per le prime tre puntate ci sono. Il resto? Basterebbe poco. Chiedere all’aristocrazia artistica e politica che ha aderito alla campagna “Servizio pubblico” di non fermarsi al contributo dato dagli altri comuni cittadini. Facciamo qualche esempio: il contributo del sindaco di Milano, Giuliano Pisapia (805.887 euro dichiarati nel 2009: lo ha reso noto lui in campagna elettorale) non può essere di dieci euro come quello di un operaio o di un pensionato. Ci vorrebbe un redditometro anche nelle adesioni, se davvero si hanno a cuore le sorti del povero Santoro. Né Antonio Di Pietro può sperare di cavarsela con una firma e una banconota da dieci euro. Senza andare a intaccare le sue prebende da parlamentare, potrebbe almeno devolvere la pensione che intasca dal 1995, quando aveva 45 anni. Al Corriere della Sera ha spiegato che le pensioni non si possono rifutare. Ecco arrivata finalmente l’occasione buona per impiegare fruttuosamente il vitalizio di duemila euro al mese. Nel club dei firmatari pro-Santoro nonché baby-pensionati c’è un altro vip: Adriano Celentano (l’unica dichiarazione dei redditi nota è del 2005: 553.415 euro). Il Molleggiato potrebbe fare un gesto di sicuro effetto, girando alla trasmissione di Santoro la sua pensione da 4000 euro (che percepisce da quando ha compiuto il cinquantesimo anno di età). Almeno per una puntata un paio di cameramen e di truccatrici sarebbero pagati. A proposito di cantanti, se si organizzassero potrebbero pagare da soli tutta la stagione di “Comizi d’amore”. Prendiamo i nomi dei firmatari del mondo musicale: Roberto Vecchioni, Fiorella Mannoia, Daniele Silvestri e Antonello Venditti. I loro cachet sono top secret, ma alcuni calcoli sono presto fatti. Per il concerto di Capodanno 2009 nella Capitale, il cantautore di Roma capoccia è costato più di centocinquantamila euro. A fare la “spia” gli organizzatori del concerto di Lucio Dalla, che contemporaneamente si era esibito in doppio concerto a Firenze e Bologna. Il manager del cantautore bolognese si difese tirando in ballo appunto il contemporaneo concerto di Roma: «Venditti avrà un cachet più alto». A questo si aggiunga, tra i dati ufficiali, la classifica Siae. La società che gestisce i proventi dei diritti d’autore nel novembre 2008 ha diffuso i nomi di chi ha incassato di più negli ultimi vent’anni: all’undicesimo posto appunto l’autore di Sotto il segno dei pesci e di tanti altri grandi successi. Anche lui dovrebbe mettersi una mano sul cuore e l’altra sul portafogli. Per tacere di Fiorella Mannoia, che sarebbe in grado di far fronte con una sola esibizione, all’adesione di almeno millecinquecento telespettatori meno facoltosi. Il dato ufficiale è sul sito web del Comune di Calatafimi. Per un concerto estivo del 2009 della cantante romana presso il teatro Antico di Segesta, ha deliberato il pagamento di una fattura di quindicimila euro per il cachet artistico della Mannoia. Al comune siciliano tutto sommato è andata anche bene: il Comune di Città di Castello alla voce Mannoia, per un concerto estivo ha dovuto sborsare la modica cifra di 48mila euro. «Ma l’ingaggio è arrivato all’ultimo momento», hanno spiegato gli organizzatori. E, in questi casi, gli artisti impegnati sono come gli idraulici, c’è la sovrattassa “last minute”.
Se pensi a Daniele Silvestri, prima rifondarolo doc, oggi vicino a Vendola e a Sinistra e Libertà, ti aspetti l’artista low cost che, nel nome di Cuba e del castrismo ha in odio il vil denaro. Errore: sul web è circolata la notizia che persino per cantare una canzone di Giorgio Gaber alla festa della Fiom condotta sempre da Santoro avesse preteso un compenso da alcune decine di migliaia di euro. Notizia smentita dal diretto interessato sul suo sito ufficiale: «Ho cantato gratis». Resta il dato che l’autore di tormentoni come Salirò viene ritenuto un artista costoso dagli stessi impresari. La cartina di tornasole è ancora una volta la sera di Capodanno del 2008: il Comune di Bari sogna di festeggiare con un maxiconcerto con Silvestri. Luca Rutigliano, spin doctor del sindaco di Bari, Michele Emiliano (anche lui tra i firmatari pro-Santoro) prova a ingaggiare il cantautore. Per salire sul palco di piazza Prefettura non bastano «duecentocinquantamila euro, l’intero budget a disposizione degli organizzatori». Al suo posto vanno Patty Pravo, Fabri Fibra e Morgan. Prendi tre e paghi uno. Se il cachet non è diminuito, basterebbe insomma un Capodanno di Silvestri per mandare in cantiere un altro Comizio d’amore. Qualche maestranza può essere pagata da un’ospitata di altri due vip dell’elenco, Ficarra e Picone: «Averli per una serata – secondo un’inchiesta del settimanale Visto – costa intorno ai 25mila euro».
E per chiudere la stagione? Una puntata la può adottare Sabrina Ferilli devolvendo l’ingaggio di una puntata delle sue fiction (costo 250mila euro a puntata, fonte, il settimanale Tivù), un’altra il Caravaggio televisivo Alessio Boni (secondo la stessa inchiesta viaggia intorno ai 150mila euro a fiction). Se avesse un cuore d’oro sotto il reggiseno, Isabella Ferrari potrebbe far contento Santoro e chiudere la questione. Non è noto sapere quanto la casa di intimo Yamamay abbia pagato la nuova pasionaria della sinistra di lotta e di salotto. Ufficialmente lo spot è costato complessivamente cinque milioni di euro. Se la percentuale di queste campagne fosse quella standard, circa il dieci per cento del budget destinato alla testimonial, l’ex musa di Gianni Boncompagni potrebbe finanziare un altro paio di puntate da sola. Ponendo fine, una volta per tutte, a questo grottesco Telethon della retorica.