Pucci Poppi: «Il Rais si era fatto troppi nemici»
Al miglior libro uscito in Italia, solo pochi giorni fa, sulla figura di Muammar Gheddafi, manca per forza di cose un capitolo: quello finale, quello della sua morte. Parliamo di Gheddafi. Ascesa e caduta di un oppositore globale (Aliberti, € 17,00, pp. 320), di Pierluca Pucci Poppi. Contattando il giornalista e studioso abbiamo cercato di farci raccontare il “capitolo fantasma”…
Allora, Pucci Poppi, il Colonnello ci ha lasciato: una morte inevitabile?
Io credo che un Gheddafi ancora vivo sarebbe stato una mina vagante, e non solo dall’ovvio punto di vista simbolico.
Allude alla consistenza ancora corposa delle forze lealiste?
Certo. Consideri che parliamo di circa 12 mila tuareg arruolati dal Rais. Secondo i Cahiers de l’Orient, inoltre, i componenti delle tribù pro-Gheddafi conterebbero 2 milioni di persone. È evidente che tutto questo costituisce un grosso fattore di disturbo nei confronti della “nuova Libia”.
Sta di fatto che ora il Colonnello non c’è più. A proposito, ha visto le foto del dittatore morto?
Sì, ci sono questi scatti di Philippe Desmazes, dell’Agence France Presse. Io ho appena sentito il loro capo del desk e mi ha chiarito di non poter garantire al 100% la veridicità dello scatto. Quel che è sicuro è che si tratta di foto che mostrano il display di una fotocamera e che vengono da lì, dove nessuno avrebbe potuto architettare una messa in scena del genere in così poco tempo.
E ora parte il solito dibattito: è giusto che una democrazia uccida in questo modo un leader politico nemico?
Mah, Usa e Francia l’hanno sempre fatto… E poi ripeto: un Gheddafi vivo avrebbe causato grande imbarazzo al Cnt. Perché attenzione: il caso libico non è come quello iracheno…
In che senso?
Vede, Saddam fu catturato quando l’Iraq era stato già desaddamizzato, almeno nelle sue strutture governative. Il Cnt, invece, è un governo gheddafiano senza Gheddafi. Tanto per dire: il presidente del Consiglio nazionale di transizione, Mustafa Abdel Jalil, è l’ex ministro della Giustizia di Gheddafi. Ripeto: della Giustizia. Il responsabile delle pene draconiane del regime era lui. Fu lui a far condannare le infermiere bulgare. E non è il solo ex esponente del governo di Gheddafi nel Cnt. Per capirci: è come se l’esecutivo iracheno post-Saddam fosse stato guidato da Tareq Aziz, con Alì il Chimico come ministro…
Ci sono solo ex gheddafiani fra i “ribelli”?
No, diciamo che ci sono due fazioni: una di ex esponenti del regime che puntano a una transizione alla tunisina. Poi c’è un altro gruppo legato all’islamismo radicale, con personaggi che avevano anche legami con Al Qaeda.
Non male come alfieri della democrazia… Eppure c’è chi legge gli eventi libici come il risultato di un vento di libertà che ha spazzato tutto il Nord-Africa: la famosa “primavera araba”…
Guardi, io non so di preciso che cos’è una “primavera araba”. Perché fino ad ora ho visto solo due colpi di Stato. Uno di militari e notabili, in Tunisia, e uno tutto interno alla casta militare al potere, in Egitto. Creare un’unica categoria in cui mettere insieme Egitto, Tunisia e Libia mi sembra difficile.
Intanto c’è già chi comincia a tracciare bilanci sulla figura del Colonnello. Vedendo anche le gallerie
Carina questa immagine di Gheddafi che si bokassizza. Effettivamente è vero, il Gheddafi che prende il potere era un giovane ufficiale di 27 anni, forse…
Come “forse”?
In effetti non sapeva neanche lui quanti anni avesse, all’epoca non c’era l’anagrafe fra i beduini.
Dicevamo del primo Gheddafi…
Sì, era un bel ragazzo, portava uniformi sobrie di ispirazione inglese. Poi ha questa deriva che sì, in effetti ricorda un po’ Bokassa. Che peraltro era un suo amico. Con un episodio tragicomico…
Dica, dica…
Quando Bokassa venne deposto non era in patria. Arrivarono le forze speciali francesi e in un quarto d’ora lo dichiararono deposto. E sa dov’era Bokassa in quel momento?
Mi faccia indovinare…
A Tripoli. E dichiarava al mondo che da quel momento la Repubblica Centrafricana diventava una Jamahiriya.
Bei fan, aveva il Colonnello…
È incredibile, lui ha finanziato tutti i peggiori. Tutti i più terribili dittatori africani sono stati suoi amici, compreso il liberiano Charles Taylor, quello che aveva come slogan elettorale: «Ha ucciso mia madre, ha ucciso mio padre, ma voterò per lui».
Da qui nasce la figura dell’oppositore globale di cui parla nel suo libro?
Vede, quando uno vede che persino la Lega araba e l’Unione africana votano la risoluzione contro di lui si domanda: non avrà mica infastidito qualcuno? La risposta è: sì, tutti. Il problema non è finanziare i terroristi, lo hanno fatto Iran, Siria, Iraq, ma anche Urss, Francia, Usa. È terribile, ma a volte si ritiene che serva per gli interessi nazionali.
Mentre invece Gheddafi?
Me lo dica lei: che senso ha finanziare Louis Farrakhan, dei musulmani neri americani? O dare soldi ai “Bambini di Dio”, un gruppo hippy antisemita californiano? In più, per questi disegni “rivoluzionari”, il Rais ha costruito uno Stato praticamente senza governo e senza infrastrutture, a parte quelle petrolifere e idriche. La Libia non ha praticamente ferrovie, in compenso…
E adesso? Che sarà della Libia?
Nell’ipotesi migliore sarà democratica e pacificata (ma non lo è mai stata). Nella peggiore sarà balcanizzata, e questo non sarebbe un bene. Avere un focolaio in pieno Mediterraneo non sarebbe positivo. Neanche per l’Italia.