«Sì, la pistola è alla tempia. Ma è un bene»
Certo, dopo l’appoggio dato alla manovra di agosto, è stata «un po’ un’improvvisata». Ma per Giuliano Cazzola l’ultimatum dell’Europa all’Italia «è un fatto positivo». «Penso che l’Ue abbia ragione a sollecitare una linea di maggiore rigore, poi il problema – aggiunge – è vedere se il governo è in condizione di reggere questa sfida così intensa».
Secondo lei lo è?
Lo vedremo, certo non è facile.
Pensa all’atteggiamento della Lega?
Quello della Lega è un problema fondamentale, perché è una componente essenziale di questa maggioranza. Ma il governo ha anche altri problemi interni. Per esempio su queste vicende anche il ministero del Lavoro, che è molto attento alle posizioni dei sindacati, è sempre stato prudente. Insomma, non è che questa maggioranza e questo governo abbiano ormai la forza politica di fare delle cose tanto delicate. Se il governo ce la fa si assicura la possibilità di andare avanti, altrimenti è importante quanto meno gestire il passaggio di consegne per non farsi travolgere.
Siamo all’«ora o mai più»?
Io mi domando: se non cogliamo quest’occasione ora che abbiamo la pistola alla tempia, quando mai avremo il coraggio di mettere in moto ingranaggi tanto complicati?
L’ipotesi è toccare le pensioni, ma lei sembra riferirsi anche ad altro…
Penso, per esempio, all’articolo 18. Quando la Commissione parla di mercato del lavoro si riferisce anche alla necessità di renderlo più flessibile. Riformare l’articolo 18 è complicato perché evoca feticci, tabù, che in Italia finiscono sempre per fare politica, ma se non lo riformiamo ora quando possiamo farlo? È la stessa domanda che vale per le pensioni.
Così si torna alla Lega. Esiste un modo per convincerla?
Avrebbe una via d’uscita: risalire alla riforma Maroni del 2003. Non prevedeva solo lo scalone da 57 a 60 anni, ma anche un innalzamento dell’età pensionabile per anzianità. Una soluzione, se vuole, la può trovare.
Ma il punto è proprio quello: la vuole trovare?
Loro si sono intestati questa battaglia molto discutibile del no ai tagli alle pensioni, ma ora non si discute di tagli: la gente lavora di più e si trova anche una pensione più elevata. I tagli, invece, ci sono stati a luglio con la manomissione della rivalutazione automatica.
Per lei come andrebbero riformate le pensioni?
Si possono fare molti interventi utili, ma solo uno è indispensabile: introdurre un requisito anagrafico anche per il pensionamento di anzianità con 40 anni di versamenti.
Perché in Italia è tanto difficile fare le riforme?
Mah, sa, adesso non è che non si sia fatta alcuna riforma. Ne sono state fatte, e anche di importanti: l’età pensionabile delle donne, l’aggancio automatico alla vita, la revisione delle attività usuranti. Però, se io avessi avuto voce in capitolo, invece che farle a mozzichi e bocconi, inserendole nelle manovre, avrei fatto un progetto di legge di riforma delle pensioni che all’interno avesse anche delle compensazioni. Da una parte si toglieva e dall’altra si dava.
Sicuro che questo avrebbe facilitato le cose?
In Italia è difficile fare le riforme, qualsiasi riforma, perché ci sono le resistenze molto forti di chi è portatore degli interessi colpiti. Per via delle ristrettezze economiche, non si sono potute fare quelle operazioni che è bene fare quando si colpiscono degli interessi, ovvero dare nuove convenienze a fronte dell’abbattimento delle vecchie. Noi abbiamo solo abbattuto le vecchie. Ma c’è anche da dire che nessuno si aspettava che gli Stati e il loro debito finissero nel mirino. Questo è stato un fatto del tutto nuovo, che ha messo tutti in braghe di tela..