I ragazzi di Genova esempio come quelli dell’Aquila
«Non sono “indignati” ma ragazzi che sentono il richiamo naturale della solidarietà». Francesco Rocca, commissario straordinario della Croce rossa italiana e da sempre impegnato nell’associazionismo e nel volontariato, guarda le immagini dei tanti giovani impegnati tra il fango di Genova e riconosce una tradizione che viene da lontano. La stessa che a L’Aquila qualche anno fa, per lui che seguì in prima persona le operazioni di soccorso dei volontari, ha significato uno sforzo entusiasta e trasversale che ha commosso e coinvolto il Paese. Per questo a suo avviso è «dannoso il tentativo di monopolizzare e di strumentalizzare» la passione dei volontari come trapela dai commenti di molti giornali e dalle parole di alcuni presentatori televisivi in questi giorni.
Rocca, che cosa sta succedendo a Genova?
Siamo in presenza di un fenomeno di partecipazione straordinaria. Assistiamo a uno scatto di empatia che in Italia ha precedenti importanti, perché da noi la solidarietà è una grande scuola. A Genova e negli altri luoghi afflitti dall’alluvione stiamo assistendo a una voglia partecipazione attiva, e quindi sostanzialmente a contribuire alla vita della città. E sta compiendo questo una gioventù sana che dimostra di avere valori: questi sono gli aspetti che emergono con evidenza. Anche qui non posso che testimoniare la partecipazione della Croce rossa che si sta spendendo in tutti i modi per sostenere le popolazioni colpite. Insomma, siamo al cospetto di un impegno corale.
C’è stato però – come abbiamo visto a “Linea Notte” – chi questa mobilitazione spontanea ha tentato di classificarla politicamente.
Credo che i primi a sentirsi offesi dovrebbero essere proprio le centinaia di ragazzi che sono impegnati in mezzo al fango. Il tentativo di etichetrare il lavoro dei volontari purtroppo è sempre dietro l’angolo: quando invece occorrerebbe dire che questo è figlio una volontà sana di partecipazione. C’è una banalizzazione a volte nel descrivere questo fenomeno, frutto della lente distorta con cui si guarda la realtà di questi tempi: tutto viene filtrato alla luce dello scontro politico in atto. E invece la chiave giusta è quella che vede a Giampilieri, come in tutti i momenti in cui ce n’è stato bisogno, tanta gente mettersi a disposizione perché è la cosa giusta da fare: insomma, a Genova e dintorni non c’è nessun elemento di novità. Per fortuna direi.
A L’Aquila, dopo il terremoto, che cosa avvenne?
Ci fu una vera e propria mobilitazione nazionale. Tanto grande che furono messi dei “filtri” da parte delle autorità per gestire il flusso continuo dei volontari. Ciò che è avvenuto in quei mesi è sotto gli occhi di tutti: io stesso ricevevo un numero impressionante di email di chi mi chiedeva come arrivare all’Aquila per dare una mano. Quell’occasione così tragica fu la conferma però di una tradizione molto bella che nel nostro Paese non conosce crisi.
Come mai allora per i fatti dell’Aquila – che ricordiamo è stata una tragedia di dimensioni più grandi – non è stata data dai media la stessa enfasi di Genova?
Probabilmente in quei giorni c’era un diverso clima politico nel quale si riuscì a far uscire l’immagine di un Paese unito. Adesso, in un momento triste della politica italiana, anche un elemento prepolitico come la solidarietà può entrare nei meccanismi di manipolazione e diventare così un fatto rilevante.
In Abruzzo ci fu una mobilitazione straordinaria dei giovani. Assolutamente bipartisan.
Vero, e lo stesso è accaduto ad esempio in Irpinia dove ci furono giovani di ogni sensibilità che si unirono in una mobilitazione della societa civile che si trovava d’accordo nell’andare incontro a un proprio fratello che soffriva. Lo stesso è accaduto in Abruzzo, dove arrivavano gruppi scout, associazioni politiche e di volontariato che attendevano diligentemente che gli venisse data una destinazione: era una coralità di intervento molto forte che ha lasciato tutti colpiti.
Non è che lì, per caso, il fatto che fosse il governo con Guido Bertolaso a gestire i volontari abbia impedito letture socio-politiche?
Di quel gesto così massiccio e partecipato di solidarietà se ne parlò molto. Lo stesso presidente della Repubblica ha voluto premiare i volontari con la medaglia d’oro. E su chi si impegnò in quei giorni c’è stata sempre grande attenzione da parte di tutte le istituzioni. Il problema, a Genova, è chi cerca di distorcere la spontaneità di questi ragazzi: non sono degli indignati, ma sono persone che stanno aiutando la propria città a rimettersi in piedi. Purtroppo oggi qualcuno cerca di leggere diversamente una realtà per fare vedere come atto di ribellione qualcosa che invece fa parte del nostro dna tradizionale.