L’Europa, il mal francese e l’ignavia
La malattia franzosa non è, come dicono gli inglesi, la sifilide (che d’altronde in Francia si chiama “mal anglais”) bensì l’arroganza. Arroganza che deriva dalla presunzione e che loro chiamano (con prosopopea) Grandeur. La presunzione conduce innanzitutto a errori di valutazione: di se stessi, degli altri e della realtà. L’Europa nasce vittima di questa presunzione. Da subito la Francia ha fatto quello che fanno i presuntuosi, cercarsi cioè un partner a specchio, uno a cui dire “solo tu sei alla mia altezza” e da cui farsi dire “solo tu sei alla mia altezza”. L’ha trovato nella Germania riunificata (che qualche motivo di ritrovato orgoglio in fin dei conti poteva anche averlo). Gli inglesi hanno capito subito il gioco e si sono chiamati fuori da un’Europa che aveva generato in fin dei conti solo una moneta. Che politicamente la Ue non esista ne abbiamo avuto un’altra recente dimostrazione col voto all’Unesco sulla Palestina. La Francia – coerente con la propria politica di interesse in Africa e Medio Oriente – ha votato a favore, la Germania – ancora con la fobia di rinnovate accuse di antisemitismo endemico – ha votato contro e l’Italia – tra l’equidistante e l’equivicino – si è coraggiosamente astenuta. E altro in Europa non c’è, a parte queste tre nazioni, con la Spagna che dopo un sogno breve di protagonismo targato Aznar si è ridotta ad un centro sociale a cielo aperto grazie al tanto glorificato regno di Zapatero e tutti gli stati membri altri consapevoli – o almeno rassegnati – ad andare al traino della Framania. Solo Berlusconi – nel quinquennio 2001/2005 – tentò di costituire un asse alternativo con Aznar e la Gran Bretagna di Blair e persino un asse “latino” con lo stesso Aznar e Sarkozy. Fallirono entrambi. Allora provò un asse “atlantico” (per rompere l’accerchiamento) con Blair e Bush. Alla fine gli angloamericani tornarono al loro club esclusivo e la vittoria di Clinton dette vita al progetto (anch’esso fallimentare) dell’Ulivo planetario. Oggi si vede chiaramente quanto miope fosse il modello continentale a guida francese. L’accordo salva-banche – come già denunciato da Milano Finanza – contiene una clausola oscenamente profittevole per i titoli francesi e letale per quelli italiani. Sarkò pensava di mettere a segno questa ennesima prepotenza e farla pagare a noi, contando sulla debolezza del nostro governo quotidianamente sotto assalto dalle opposizioni parlamentari. E contemporaneamente di aver rimesso insieme i pezzi della Grecia riconoscente. La Grecia invece gli ha tolto la sedia da sotto i piedi, mandando nel panico i mercati. Il colpo dell’inaffidabilità greca, aggiunto a quello alle spalle inferto ai nostri titoli dalla Francia, rischia di mandarci in fallimento, facendo crollare il mondo di cartapesta francese. E domani Sarkozy, mano nella mano con la Merkel, andrà a spiegare a Obama (senza di noi) come ha distrutto l’economia mondiale per una meschina furberia che (secondo i suoi) avrebbe rimesso per l’ennesima volta la Francia in cima al mondo, a discapito di tutti gli altri. Si pensi che solo pochi giorni fa il presidente francese avvertiva – chiosato dal presidente Usa – che se cadeva l’Italia si sarebbe innescata una catastrofe economica che avrebbe portato ad un tracollo globale. Invece di sostenere lealmente i nostri sforzi per salvare noi, lui e tutto il mondo, ha cercato di fregarci. Ha dato con una mano e sottratto con l’altra. Ma in tutto ciò l’immagine più patetica la fanno le nostre opposizioni, che continuano a tifare per lo sciovinismo francese – con smodate simpatie per il nazionalismo tedesco – contro il patriottismo economico italiano, beandosi e strombazzando la debolezza parlamentare del nostro esecutivo. Pensare che il consenso interno di Sarkozy e Merkel si è dissolto da tempo, ma che i sistemi elettorali dei loro due Paesi non consentono che tramite voltafaccia e cospirazioni di palazzo si possano modificare le maggioranze. All’inizio di questa legislatura il Pdl poteva governare quasi da solo e non ci sarebbero stati rischi di agguati alle Camere se quaranta eletti nelle fila della maggioranza non avessero cambiato fronte. Oggi, per fare dispetto a B. forse riusciranno a mandare in fallimento l’Italia e con lei l’Europa e l’economia mondiale. Un risultato storico, di cui vantarsi a giusto titolo con i propri nipoti.