«Mi sono astenuto, il voto bipartisan è un’ipocrisia»
Dice di non voler fare il Pierino a tutti i costi, ma ieri è stato tra i pochi che alla Camera ha rotto il clima di apparente buonismo bipartisan, astenendosi sulla legge che introduce il vincolo del pareggio di bilancio in Costituzione, passato a larghissima maggioranza. Giuliano Cazzola, parlamentare del Pdl, sembra già stanco dell’ipocrisia che regna nelle aule parlamentari in nome dell’emergenza nazionale. Eppure lui, fin dall’inizio, era stato tra coloro che avevano sostenuto l’ineluttabilità del governo tecnico.
Perché s’è astenuto?
Perché trovo ridicolo che si stabilisca un principio così complesso, ma con tanti elementi di deroga.
Quindi lei non ha detto sì perché ritiene che questa legge sia in realtà troppo morbida?
Assolutamente sì. E voglio smascherare questa ipocrisia. È la classica soluzione all’italiana, si stabilisce un principio rigorosissimo, senza sanzioni e fissando una serie di deroghe. È una legge che nasce dal governo precedente, solo che siccome ora siamo tutti con Monti, la votano anche quelli del Pd, a cui fa schifo questa roba.
Perché gli fa schifo?
Perché la sinistra ha nel Dna una linea economica keynesiana, quella della spinta sulla spesa pubblica per muovere l’economia, ma sono costretti a votare sì per compiacere Monti, salvo poi derogare, se e quando torneranno al governo.
E il centrodestra? Ha votato convintamente o per ordine di scuderia?
Questa è una legge del governo Berlusconi, che ora si attribuirà il governo dei tecnici. Per farla approvare in modo bipartisan si è arrivati a una mediazione che rende ancora più labile il principio fondante. Però il rigore di bilancio è una filosofia di destra, il primo a introdurre il pareggio di bilancio fu Mussolini, ricordiamolo.
Come si comporterà la sinistra, in aula, quando ci sarà da votare provvedimenti duri, come quello sulle pensioni?
Le voterà, ma con forte imbarazzo. Pur essendo questo governo dei tecnici sicuramente più rappresentativo della sinistra, è anche quello che crea più problemi a loro. Noi, tutto sommato, abbiamo sempre pensato che le riforme andavano fatte. Peccato non averle fatte noi.
Lei era tra i più convinti sostenitori della soluzione tecnica, al termine del governo Berlusconi. È cambiato qualcosa?
Avevo fiducia, forse troppa, forse suggestionato anche io dalla propaganda sulla fase di emergenza, lo spread, i mercati. Alla fine è stato giusto lasciare, per sottrarci al linciaggio quotidiano, ma certo che da questo governo ci aspettavamo maggiore rapidità e concretezza. A Berlusconi hanno dato gli otto giorni, come le colf, mentre a Monti si concede tempo illimitato. Nel merito, è difficile giudicare un governo che non ha ancora fatto nulla. Fino ad ora, tutto quello che è stato approvato era un’eredità del governo Berlusconi.
La riforma delle pensioni non la potevate fare voi?
Guardi, non lo dica a me. Io a luglio ho presentato un progetto di legge che dice esattamente le cose che da sempre sostiene il ministro Fornero, con l’introduzione della contribuzione pro-rata e l’anzianità flessibile.
Lei che conosce bene la Cgil, cosa farà quando ci sarà da decidere se dare via libera a una riforma delle pensioni?
Dipende, se sceglierà una linea politica o di responsabilità. Ma dipenderà molto anche dalla mediazione che riuscirà a trovare il governo. Non dimentichiamoci che Monti ha promesso misure drastiche: se non le attua, l’Europa riderà di lui.