Urso: «Il bipolarismo resta la stella polare»
Non è stato lo tsunami annunciato, né il giorno del giudizio universale, ma di sicuro uno spartiacque che ha portato alla fine di Berlusconi e alla lunga gestazione del governo Monti. «Comunque lo si voglia leggere, il 14 dicembre di un anno fa ha rappresentato una frattura nel centrodestra e nella politica italiana», dice Adolfo Urso alle prese con l’allestimento del palco del Tempio di Adriano («noi facciamo tutto in proprio», scheza) dove oggi si tiene il meeting promosso da FareItalia con la partecipazione di Angelino Alfano, il primo a lanciare la costituente dei popolari italiani.
Uno spartiacque?
La profonda divaricazione di un anno fa ha reso più difficile il percorso delle riforme tracciando un solco tra chi, come noi, voleva accelerarlo e chi voleva frenarlo.
Quel voto di sfiducia fu un insuccesso. Ve lo aspettavate?
Noi ci eravamo mossi con l’intenzione di accelerare le riforme nella direzione della competitività e della crescita ed eravamo convinti che bisognasse allargare la maggioranza a coloro che ritenevamo i più vicini al centrodestra, come l’Udc di Casini collocato nella grande famiglia popolare europea.
Andò diversamente…
Il risultato fu opposto alle intenzioni, la maggioranza non si allargò, anzi si restrinse provocando un fenomeno di degrado delle istituzioni con la corsa all’arruolamento dei parlamentari. Ma oggi il problema non è capire chi ha sbagliato di più, non è guardarsi indietro.
E qual è?
Bisogna ritrovare la direzione per ricomporre, ricostruire e rinnovare per dare vita a quel partito degli italiani che possa rappresentare l’asse del nuovo processo riformatore. L’obiettivo è proporre agli elettori un bipolarismo riformista ed europeo. In questo anno sono stati commessi molti errori, sia da parte di chi pensava di costruire questo percorso allargando la maggioranza, sia da chi pensava di poterlo realizzare a prescindere da “qualcuno”, secondo una logica sbagliata di autosufficienza.
Il governo Monti durerà?
Sicuramente. Con la crisi che è destinata ad aggravarsi, non basterà questa manovra né la successiva, che prevede la riforma del welfare. Le misure attuali sono interventi tampone, ne serviranno altre, la marcia indietro sulle liberalizzazioni è sbagliata perché così rimane l’aspetto depressivo. Nella maggioranza montiana devono nascere due poli alternativi collegati alle famiglie europee: un partito popolare di centrodesta e una sinistra socialdemocratica, che in Italia non c’è mai stata.
Un miracolo…
Dobbiamo chiudere la lunga transizione nata nel ’92 -’94 che ha prodotto due anomalie: una sinistra che non ha risolto i nodi di fondo e ancora oggi non sa dove stare, e una destra che ha supplito alla cancellazione dei partiti storici con partiti personalistici incentrati sulla figura carismatica del leader. Penso a Berlusconi ma anche a Fini, a Bossi e persino a Casini. Oggi lanceremo l’appello a chiudere l’anno delle lacerazioni per riunire le famiglie popolari europee.
Con quali compagni di strada?
Con tutti coloro che nel terzo polo condividono gli stessi valori e gli stessi programmi del popolarismo europeo.
La Lega è fuori gioco?
Una volta stabilita una chiara guida politica popolare, si può anche contemplare un’alleanza più vasta nella chiarezza dei programmi di chi ha il timone. La Lega è stata un elemento frenante, ora deve sapersi rinnovare sulla scia di quello che ha dimostrato Maroni nella sua esperienza di ministro.
Un bilancio del congresso del Ppe a Marsiglia?
È stato un grido di allarme per l’Europa, questo è il tempo della responsabilità e delle scelte difficili. L’Italia rappresenta la “linea del Piave” che va salvaguardata con grandi sacrifici, non solo economici, per fare quelle riforme che Berlino ancora ostacola.