Il nostro addio a Fausto Gianfranceschi, intellettuale mai allineato

20 Feb 2012 20:35 - di Antonio Pannullo

Aveva da poco festeggiato il suo 84° compleanno, Fausto Gianfranceschi, quando domenica mattina se ne è andato, consumato da un male che lo affliggeva da tempo, ma che lui, pur curandosi, aveva sfidato continuando a fumare. Era così Gianfranceschi, giornalista, scrittore, politico del Msi negli anni in cui uccidere un fascista non era reato: si è sempre tenuto in piedi in un mondo di rovine, per dirla con il suo maestro Julius Evola, a cui Fausto fu sempre molto legato. Da giovanissimo era stato vicino ai “Figli del Sole”, ai Far, Fasci di Azione rivoluzionaria, per i quali nel 1951 lo stesso Evola era stato arrestato insieme con altre persone, tra i quali appunto Gianfranceschi. Il grande filosofo, difeso gratuitamente dal principe del foro Carnelutti, fu poi assolto con formula piena, tuttavia per lui e gli altri si trattò di trascorrere parecchi mesi in galera.
Negli anni ‘50 Gianfranceschi abbandonò le posizioni oltranziste, anche se lui rifiutò sempre ogni tipo di etichettatura considerandola limitante, e iniziò a lavorare con il Movimento sociale, condividendo in particolare le posizioni sia di Pino Romualdi (che dei Far era stato tra i fondatori) sia di quella corrente giovanile che faceva capo ad Enzo Erra e della quale facevano parte, tra gli altri, Giano Accame, Piero Buscaroli, Silvio Vitale, Tazio Poltronieri, Giampaolo Martelli, Giuseppe Tricoli. Nel 1957 divenne poi segretario della Giovane Italia, l’organizzazione giovanile del partito, carica che mantenne ininterrottamente sino al 1966. In quegli anni la Giovane Italia raccolse un vasto seguito e si affermò protagonista in moltissimi atenei. Nel 1965 partecipò all’ormai storico convegno al Parco dei Principi sulla “guerra rivoluzionaria” organizzato dal 3 al 5 maggio di quell’anno dall’Istituto di studi militari Alberto Pollio.
Ma, come ricorda il collega Gino Agnese, la vita di Gianfranceschi prese un corso diverso quando Renato Angiolillo lo volle a tutti i costi a Il Tempo, dove rapidamente divenne il responsabile della celebre Terza Pagina, che condusse per molti anni ossia sino al 1988, aprendolo, ricorda ancora Agnese, a intellettuali del calibro di Augusto Del Noce, Mario Praz, Ettore Paratore ma anche ai “giovani” come Franco Cardini, Marcello Veneziani, Paolo Isotta. In seguito preferì dedicarsi solo ai saggi, pur restando autorevole collaboratore del quotidiano romano. «Penso – ricorda ancora Agnese – che lui votò sempre per il Msi e in seguito per Alleanza nazionale, fino a quando ci fu. Comunque Gianfranceschi negli anni successivi divenne un vero e proprio faro per tutti quel giovani, come me, che Gianni Roberti chiamava con una felice immagine “di opposizione nazionale”».
Gianfranceschi approdò su posizioni cattolico-tradizionaliste, nel 1966 scrisse il saggio Teologia elettrica, in cui criticava non tanto il Concilio Vaticano II, quanto le interpretazioni estensive del Concilio stesso. «Beh, se andavi a casa sua – dice Agnese – non trovavi certo un mobile moderno o un quadro futirista: era contro il modernismo anche nel suo stile di vita». Gianfranceschi ha abitato molti anni in piazza della Chiesa Nuova, a Roma, e da qualche anno si era trasferito in zona Balduina.
Chi frequentò per anni Gianfranceschi è il giornalista e scrittore Gennaro Malgieri, deputato del Pdl, che lo ricorda con grande commozione: «Fausto è stato per la mia generazione, e non soltanto, un punto di riferimento originale, coerente nella critica alla modernità, alla secolarizzazione, al relativismo e al materialismo pratico. I suoi romanzi e i suoi saggi testimoniano di come nel tempo del più dilagante conformismo ci sia stato modo per riaffermare la libertà delle idee e di rifiutare l’irreggimentazione nel pensiero unico». Ma non furono solo libri e saggi: per Malgieri «Gianfranceschi ha dimostrato anche con il suo stile di vita, affrontando prove personali dolorosissime, come si possa essere anche nella vita privata fedele a un ideale di trascendenza che aiuta in maniera determinante a non cedere alla disperazione». Malgieri si riferisce alla prematura scomparsa di due figli di Gianfranceschi, una, quella di Gianni, avvenuta negli anni ‘70, a cui dedicò il libro Svelare la morte, e l’altra, quella di Federica, pochi anni fa. A sua figlia Fausto dedicò il libro del 2008 Federica. Morte di una figlia. «Insomma – conclude Malgieri – Gianfranceschi è stato umanamente e intellettualmente, cioè dunque come scrittore e giornalista, un uomo autenticamente in piedi tra le rovine». Lo hanno ricordato con scritti anche gli intellettuali Marcello Veneziani, Gianfranco De Turris e il deputato dell’Udc Enzo Carra, che con lui lavorò a Il Tempo.
Fra i suoi saggi più significativi ricordiamo L’uomo in allarme (1963), Il sistema della menzogna e della degradazione del piacere (1977), Svelare la morte (1980), Dino Buzzati (1967), ma soprattutto lo Stupidario della sinistra (1992), in cui vengono messi in evidenza con ironia e una sana faziosità, i vizi piccoli e grandi della sinistra italiana e dei suoi protagonisti. Dello stesso tenore anche Il Reazionario (1996) e il Bestiario della Sinistra (2004). Come ha scritto proprio Veneziani, «aveva patito il carcere per le sue idee contro il suo tempo, ma non cambiò mai idee»…
E ci piace concludere questo incompleto ricordo di Fausto Gianfranceschi con la gioia che sicuramente gli avrà dato l’uscita del libro della giovane figlia Michela, storica dell’arte, su Caravaggio e i caravaggeschi. A Michela, Gianfranceschi dedicò alcuni anni fa l’opera Amore paterno. Le esequie si terranno oggi alle 11 alla Chiesa Nuova in corso Vittorio Emanuele.

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