Mister “Occhio alla spesa”: «Fra i cittadini c’è rabbia, ormai non ce la fanno più»

3 Feb 2012 18:36 - di

Scrittore e conduttore televisivo, Alessandro Di Pietro con la trasmissione Rai “Occhio alla spesa” è in grado quotidianamente di monitorare in maniera accurata il morale altalenante delle famiglie italiane in un periodo di forte recessione economica. Gli indici nazionali dei prezzi al consumo, infatti, registrano aumenti particolarmente pesanti nelle voci che costituiscono le spese indispensabili per le famiglie meno abbienti o per quelle dei giovani inquadrabili nella cosiddetta “generazione mille euro”. Recentemente Di Pietro è tornato nelle librerie con L’almanacco di occhio alla spesa, un saggio che offre giorno per giorno consigli su come orientare i consumi alimentari, energetici e merceologici.

Quale umore si registra nelle piazze italiane?

Rabbia. I cittadini esprimono un senso di profonda amarezza. La situazione generale è difficile. Le famiglie monoreddito sono ormai incasellabili tra quelle alle soglie della povertà. Per valutare il contesto bisogna avere cognizione dei problemi legati al clima invernale e alle difficoltà nella distribuzione dei generi alimentari per la viabilità. Infine rilevanti sono anche le conseguenze della mobilitazione degli ultimi giorni da parte della categoria degli autotrasportatori.

Eppure l’inflazione sembrerebbe stabile negli ultimi mesi…

Il dato non è affatto attendibile. La poca merce del settore agroalimentare arrivata sul mercato in queste settimane ha registrato aumenti iperbolici. La crescita sconsiderata dei prezzi al consumo è una realtà. Sono otto anni che gli stipendi restano invariati mentre il costo della vita è sempre più alto. Arrivare a fine mese diventa di questo passo per i ceti più deboli una vera impresa.

L’aumento del prezzo dei carburanti ha influito su questo trend?

Certamente. Non dobbiamo dimenticare che in Italia il trasporto nella stragrande maggioranza dei casi avviene su gomma.

Le temperature polari degli ultimi giorni che effetti determinano sulle spese delle famiglie?

Produzione e distribuzione registrano un rallentamento in alcuni casi, in altri si fermano. E i prezzi nei mercati rionali salgono alle stelle. Chi può permettersi di acquistare generi alimentari a qualsiasi prezzo compra ugualmente, gli altri soffrono e il loro malcontento diventa progressivamente rabbia.

C’è il rischio che si scelgano per la spesa prodotti meno garantiti sul piano della qualità?

Sì. La prima conseguenza delle difficoltà di produzione e distribuzione delle derrate alimentari è l’aumento dei prodotti importati dall’estero. Sulle nostre tavole arrivano così pomodori cinesi, fragole cilene, broccoletti egiziani o turchi. Questi paesi non hanno mica le nostte norme rigorose. La frutta che arriva dal Sudamerica è naturalmente imbottita di antiparassitari per conservarsi in lunghissimi viaggi.

Quali generi alimentari stanno registrando i maggiori incrementi dei prezzi?

Nell’ortofrutta ci sono tanti aumenti. Su tutti: zucchine, kiwi e arance. Con il blocco dei tir per la rivolta dei forconi, una parte dell’ultimo raccolto di agrumi in Sicilia non ha avuto accesso ai mercati. E così siamo stati costretti a mangiare arance australiane.

Questo contesto genera anche speculazioni?

Il piccolo produttore, vista le penuria di ortaggi, si può permettere di stabilire prezzi molto elevati. Ne approfitta.

Quanto dipende questo andazzo dalle politiche del governo Monti?

Molto. Se aumentano i costi per i carburanti, aumenta tutto.

Le associazioni dei consumatori?

Fanno come Ponzio Pilato, mentre dovrebbero essere ancora più presenti nel vigilare.

Le liberalizzazione sono una possibile soluzione?

I provvedimenti dell’esecutivo hanno toccato i tassisti, i notai. Non il settore dei consumi agroalimentari. Accorciare la filiera produttiva sarebbe una soluzione: permettendo ai produttori di vendere nelle aziende agricole si taglierebbero i costi di distribuzione con un immediato sollievo per i cittadini consumatori.

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