Meluzzi: «Quello di Riccardi è il retropensiero sui politici puzzoni…»
Quello di Andrea Riccardi non è solo un caso politico. «Rivela e denota, dal punto di vista psicologico, l’atteggiamento di una certa élite rispetto al popolo». Parola di Alessandro Meluzzi, psichiatra e volto noto della tv, nonché ex parlamentare. Che insiste su una nota a margine: «La sobrietà non è un copyright della Bocconi».
Professor Meluzzi, “lo schifo della politica” detto da un ministro tecnico, che cosa rappresenta?
Una premessa. Non si può parlare male della politica, perché parlando male della politica si fa politica: è una contraddizione in termini. Oltretutto detto da uno come Riccardi che prima e dopo il suo essere stato nominato ministro non è che sia stato estraneo a certe dinamiche fa riflettere. Lui e la Comunità di Sant’Egidio, con i meriti e i demeriti, non sono propriamente entità angeliche. Quindi l’affermazione sullo “schifo” mi sembra del tutto impropria.
Detto da Riccardi che è il più politico dei tecnici…
Riccardi, molto probabilmente, è affetto da strabismo. Forse invece che fare il ministro dello Stato italiano sarebbe stato idoneo a servire dall’interno la Curia romana dove i ministri vengono scelti motu proprio dal pontefice che, seppur eletto dal conclave, viene illuminato dallo Spirito Santo. Invece di doversi confrontare con il Parlamento dovrebbe candidarsi per fare il cardinale. Dovrebbe servire lo Stato del Vaticano, cosa che dubito gli farebbero fare non fosse altro perché sposato…
Però la battuta è stata “rubata”…
È un meccanismo inconscio di difesa. In psicologia si chiama formazione reattiva: come quando un timido diventa sfacciato, una persona si trasforma nel suo contrario. Un vecchio arnese democristiano non avrebbe mai detto una cosa del genere.
Perché?
Semplice. Perché ha rispetto del popolo. E ciò è figlio della grande cultura di don Sturzo. Figuriamoci se un Moro avrebbe detto una cosa del genere. Invece per i cooptati per “illuminazione”, per quelli che vengono dalla Banca d’Italia, dal Fondo monetario internazionale, con la loro veste di angeli sterminatori…
Dal punto di vista psicologico come si può interpretare ciò che è stato detto?
Rivela due cose. La prima si chiama appunto “demone della cooptazione”. Si svela, ad esempio, quando un cooptato considera un “puzzone” chiunque si sia confrontato democraticamente con il consenso degli elettori. Secondo questi per poter essere dei veri puri, dei casti, bisogna essere stati cooptati. Ma non è certo una novità di questo governo: i precedenti sono i vari Amato, Ciampi, eccetera. Molto diversi da uno come Francesco Cossiga, che venne sempre eletto deputato. Gli individui affetti da questo demone sono quelli abituati all’idea che c’è un empireo nel quale si viene prescelti senza doversi misurare con il consenso. Chi si presenta come “buono”, insomma, è colui il quale non deve essere mai votato.
Che effetto provoca questa distorsione?
Non è un demone da poco: coniuga un certo antiparlamentarismo (di matrice elitaria, comunista e fascista allo stesso tempo) con l’idea che l’eletto dal popolo sia un personaggio disprezzabile. È un paradosso tutto italiano che ha effetti devastanti. Bisogna capire che la politica è l’arte del possibile e non una complicazione inventata da imbroglioni per fare in maniera complicata cose che i “professori” farebbero in modo semplice. Serve proprio a questo, a moderare le istanze provenienti dai vari gruppi sociali o di potere. I “tecnici” sembrano aver dimenticato questo assioma: questa cosa può avvenire in una fase transitoria, ma visto che non siamo ancora un popolo consapevole, la sospensione che stiamo vivendo rischia di accentuare questo virus.
Lo stile del “tecnico” in questo caso sembra aver perso l’aplomb.
I tecnici devono imparare a confrontarsi. Come accade nelle azie
nde, devono confrontarsi con il proprio “azionariato” cioè con i cittadini. Ciò che è successo, non solo a Riccardi, è una rivelazione dell’inconscio: una mancanza di autocontrollo che rivela un deficit di fair play. In Inghilterra non succederebbe mai.