Mantovano: «Non più zone franche per le toghe»
Se ne parla da decenni ma non si arriva mai al capolinea: la responsabilità civile dei giudici sembra destinata ad arenarsi. La bozza di riforma del ministro Paola Severino aggira il nocciolo del problema, gli arroccamenti corporativi dell’Anm fanno il resto. «Qualcuno mi deve spiegare perché la responsabilità civile esiste per le altre professioni mentre i magistrati non sono responsabili, né punibili per i loro atti». Per Alfredo Mantovano, ex sottosegretario all’Interno e magistrato per oltre dieci anni, il principio della responsabilità civile (quella penale è scontata) e disciplinare delle toghe è sacrosanto.
Il presidente del Consiglio di Stato ha lanciato un messaggio chiaro ai legislatori dicendo che la riforma che introduce la responsabilità civile mina l’indipendenza della magistratura…
Nessuno nega che la funzione giurisdizionale sia tra le più delicate e degne di rispetto, ma all’interno di un quadro di garanzie occorre eliminare qualsiasi zona franca, nella sostanza al di là dello strumento che si intende utilizzare.
L’emendamento Pini alla legge comunitaria approvato alla Camera è lo strumento giusto?
Ho votato anch’io quel testo che introduce una importante novità: il cittadino che ha subito un danno ingiusto per effetto del provvedimento di un magistrato «in violazione manifesta del diritto» può rivalersi facendo anche causa al giudice per ottenere un risarcimento. Al di là della stesura letterale del provvedimento che ora è al Senato, l’approvazione rappresenta un segnale forte della politica per eliminare qualsiasi fascia di irresponsabilità.
Dal caso eclatante di Tortora in poi non mancano esempi di errori clamorosi
Ricordo che nell’87 un referendum popolare ha scelto a grande maggioranza la responsabilità civile per le toghe.
E si arriva alla legge Vassalli
Prevede che il cittadino possa rivalersi nei confronti dello Stato. Ma perché il risarcimento deve essere accollato alla collettività, a tutti noi, invece che al singolo responsabile? All’epoca ero magistrato e ricordo che il giorno dopo tutti stipulammo una polizza assicurativa. Non fu una grande cifra, una spesa annuale di 120mila lire.
Il via libera al Senato della nuova normativa può essere la svolta?
Il provvedimento tocca il punto nevralgico. Le faccio un esempio: qualche mese fa un imprenditore in cattive acque ha ricevuto un’istanza di fallimento ma viene citato in aula nel giorno sbagliato, il fallimento della sua azienda era stato dichiarato due giorni prima, in assenza della difesa. Così l’impresa è saltata per aria senza che il proprietario potesse difendersi e i dipendenti hanno perso il lavoro. Chi paga per questo errore?Allora dico: se non possiamo forzare sulla responsabilità civile perché è considerato “troppo”, possiamo immaginare di agire sul piano disciplinare purché si faccia un passo avanti per uscire da questa palude scandalosa.
Anche l’Europa ci chiede di rivedere la nostra normativa.
Una recente sentenza della Corte di giustizia europea intima all’Italia di cambiare la legge, in quanto la responsabilità va estesa anche agli errori commessi dal magistrato per un’interpretazione errata delle norme europee. Con l’emendamento alla legge comunitaria approvato a Montecitorio possiamo rimediare in tempi stretti. Ripeto, non sono innamorato dell’emendamento Pini, possiamo immaginare un altro percorso meno “scioccante”, l’importante è sciogliere il nodo della questione che si trascina da anni.
La bozza del ministro della Giustizia la convince?
È totalmente insufficiente. Dal ministro Severino mi sarei aspettato che dicesse “non ci impicchiamo sulla virgole e facciamo una bella riforma della responsabilità disciplinare”.
Un giro di vite?
Oggi la sanzione o il richiamo disciplinare del Csm funziona molto parzialmente: le statistiche dimostrano che l’incidenza è minima. Serve un organismo “ad hoc” che non sia l’attuale commissione composta per la parte togata da giudici appartenenti alle diverse correnti della magistratura. Una Corte di giustizia disciplinare (al di fuori del Csm) costituita con criteri di imparzialità estranei a quelli elettivi e sindacali.