October Baby, il film pro-life scuote gli Usa
Ha incassato quasi tre milioni di dollari e il New York Times, che l’aveva snobbato, ha dovuto parlarne in prima pagina: si tratta del film “October Baby”, storia di una ragazza sopravvissuta a un tentativo di aborto, girato a basso costo da due fratelli dell’Alabama, Jon e Andrew Erwin, e finanziato da gruppi evangelici. I critici lo hanno stroncato ma la gente va a vederlo, perché forse il film aiuta a porsi qualche domanda. E due giorni fa il il film pro-life è stato attenzionato anche da Repubblica, che ne ha parlato come di un vero e proprio “fenomeno”.
La pellicola racconta la storia di Hannah, 19 anni, matricola al college che nonostante la sua energica (e a tratti ingenua) personalità, si è sempre sentita distaccata dal suo ambiente. Le manca qualcosa, ha sempre avvertito che il suo diritto a esistere era minacciato. Dovrà superare un forte shock quando realizzerà che la sua non è una semplice condizione interiore o caratteriale, ma piuttosto il marchio di un’esperienza che non aveva potuto vivere coscientemente. Non solo la ragazza verrà messa al corrente di essere stata adottata, ma scoprirà di essersi conquistata la vita per fatalità, scampando all’aborto. Alla disperata ricerca di risposte intraprenderà un viaggio in compagnia di alcuni amici alla ricerca della propria madre biologica, iniziando così un doloroso percorso di crescita interiore.
Il film dei fratelli Erwin si ispira alla storia vera di Gianna Jessen, nata a Los Angeles in una clinica per aborti legata all’associazione Planned Parenthood (Paternità/maternità pianificata). I suoi genitori biologici avevano 17 anni quando si rivolsero alla struttura loro, che consigliò alla coppia, alle fine del sesto mese di gravidanza, di liberarsi del nascituro con un aborto salino tardivo, una tecnica usata prevalentemente dopo il terzo trimestre di gestazione. Questo sistema consiste nell’iniettare nell’utero una soluzione salina che corrode il feto, lo brucia, fino a portarlo alla morte. In seguito, a causa delle contrazioni uterine, il feto morto viene espulso morto entro le seguenti 24 ore. Ma Gianna nacque viva dopo 18 ore e il medico, preso atto ceh nonostante tutto era sopravvissuta, dovette firmare il suo “atto di nascita per aborto salino”. Oggi Gianna gira il mondo raccontando la sua incredibile storia, raccontando che è stata «la misericordia del Creatore» a volere la sua esistenza.