Augello: «Se lo Stato non paga crolla il sistema»

4 Mag 2012 20:30 - di

Non è un atto ostile al governo, come ha spiegato Angelino Alfano. «Più che altro è un atto necessario per ridare fiato a quel tipo di imprese che sono il motore della nostra economia». Per Andrea Augello, senatore del Pdl, che ha lavorato al testo presentato ieri dal segretario dopo le polemiche tra il partito stesso e il premier Mario Monti, la questione della compensazione alle imprese creditici dello Stato è tutt’altro che un argomento su cui il governo può glissare.

Senatore, questa compensazione è possibile?

Sì, oltre a essere possibile, come strumento limitato e valido a determinate condizioni, è necessario. Per una ragione in particolare: dobbiamo chiederci, ad esempio, come hanno fatto a sopravvivere le imprese che la Pubblica ammministrazione paga anche dopo un anno, entro quei limiti, cioè, che definiscono un credito e un debito commerciale?

Già, come?

Il meccanismo è potuto andare avanti in quanto le banche hanno intermediato questo problema ricorrendo a uno strumento che tecnicamente si chiama concessione pro soluto. Che cosa vuol dire? Io ho un credito, lo vendo a una banca dichiarando responsabile del pagamento finale la Pubblica amministrazione. Poiché la banca ritiene un rischio accettabile il fatto che il pubblico paghi o non paghi, il risultato è che il titolare della fattura, l’impresa, rinuncia a 3-4 punti e la banca incassa con calma, dopo dieci mesi, il credito dovuto. Questo è stato lo strumento prevalente per il finanziamento, l’ammortizzatore del problema.

Adesso le banche sembrano aver chiuso i rubinetti.

Infatti. Quello che Monti ignora, o vuole ignorare, è che la situazione è cambiata: si è fatta molto più complessa. Prima di tutto, le banche hanno crisi di liquidità. Per questo motivo tendono a non impegnarsi in interventi che possano avere fattori di rischio. In secondo luogo la cessione di un credito per la piccola e media impresa è molto più rischiosa adesso: per la diminuizione della domanda pubblica, molte piccole e medie imprese hanno ridotto il proprio fatturato e rischiano di fallire. Con questa circostanza i ritardi di pagamento sono assolutamente intollerabili per il sistema.

Un problema di un certo rilievo.

Ecco perché in questa situazione è necessario inventare nuovi strumenti. Perché c’è un altro rischio: con questa intermediazione le banche evitavano anche che il fornitore abituale si avvalesse di un suo diritto sancito dall’Ue che con un direttiva ha stabilito che dopo sessanta giorni, se non viene pagata una fattura, il creditore ha diritto a pretendere una rivalutazione annuale del 7-8% di interessi su quella fornitura. Se si tratta, poi, di materiale come quello ospedaliero, si ha diritto addirittura al tasso più alto, quello del 10%.

Che cosa comporta questo?

Se le banche non possono più intermediare è facile che a lungo andare si formerà un mercato. Ossia la nascita di una serie di società specializzate contro la Pa, con uno stuolo di avvocati, che possono guadagnarsi un rendimento nel recuperare proprio questi crediti. Perché queste, a differenza delle piccole e medie imprese, non hanno nemmeno alcun interesse a mantenere un buon rapporto con il Pubblico.

Eppure il premier Monti ha liquidato la proposta fatta dal Pdl con una battuta per niente sobria: «Idea poco seria».

Monti risente di una rigidità tipica della ragioneria. Nel caso specifo di un difetto di percezione su ciò che si profila con questa emergenza. Se io ho 70 miliardi di crediti e comincio ad applicargli gli interessi comunitari arriviamo a una cifra che vale di più di tutta la spending review. Insomma, al premier sfugge l’enormità del rischio per il Paese. Sfugge anche un’altra questione importante. Con il decretro liberalizzazioni è subentrata l’ipotesi di certificazione on line di tutti i crediti: il problema, quindi, non è più rimandabile.

Le cronache ci descrivono una classe di piccoli imprenditori in seria difficoltà. Quanto pesano i mancati pagamenti?

Sono un pezzo del problema. In realtà pesano diversamente dal tipo di azienda in questione. Su un tipo di attività possono pesare ad esempio su piano morale: prendiamo chi vende stampanti, per un 5% del suo totale, a un ente pubblico. Se solo quest’ultimo non paga l’incidenza va sull’umore del proprietario, perché si si sente vessato. Però ci sono imprese che hanno il pubblico come cliente esclusivo: pensiamo alla sanità, oppure a chi si occupa dei restauri per le sovrintendenze. Per queste, il problema è grave: anche perché, di conseguenza, non possono pagare li stipendi, le tasse…

Non le sembra strano: lo Stato chiede di pagare l’Imu e poi non paga i creditori…

La posizione non è affato diversa di quelli che non intendono pagare l’Imu. Moralmente lo Stato si mette sullo stesso piano. Non pagare il fornitore e lasciare a questo nient’altra alternativa che il recupero crediti non è un grande insegnamento.

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