El Alamein: quella battaglia nella leggenda
Oggi, primo luglio 2012, ricorre il settantesimo anniversario dell’inizio di una delle battaglie più sanguinose della seconda guerra mondiale: la battaglia di El Alamein, che vide coprirsi di gloria migliaia di soldati italiani, e fu decisiva per la sconfitta delle forze dell’Asse in Africa Settentrionale. Le truppe di Sua Maestà britannica (formate non soltanto da inglesi, ma anche da australiani, neozelandesi, indiani, sudafricani e francesi) avevano conseguito importanti successi militari nel corso dei primi due anni di guerra, avanzando dall’Egitto verso ovest e avendo di mira la Libia italiana. La nomina del generale (poi feldmaresciallo) Erwin Rommel a comandante supremo delle forze italo-tedesche in Africa settentrionale fu decisiva per il capovolgimento della situazione. Considerato il più abile tattico dell’intera Wehrmacht, Rommel diede inizio immediatamente alla controffensiva italo-tedesca. Furono riconquistate Bengasi, El Gazala e Tobruk, dove le forze dell’Asse fecero 25 mila prigionieri, e l’avanzata verso l’Egitto sembrava ormai inarrestabile, al punto che il 28 giugno di quel 1942 Mussolini in persona arrivò a Tobruk, pronto a partire per l’Egitto e ad entrare ad Alessandria in groppa ad un cavallo bianco, come già lo dipingeva l’iconografia del regime.
Ma il comandante inglese, generale Claude Auchinleck, aveva stabilito ad El-Alamein, appena 100 chilometri da Alessandria, il punto centrale dell’estrema linea di resistenza. La linea, affidata alle otto Divisioni della 18.a Armata, era lunga 65 chilometri e andava dal mare alla depressione di El Qattara. Il 1° luglio partì l’attacco italo-tedesco. Le truppe italiane erano formate da quattro Divisioni di Fanteria (Trento, Bologna, Brescia e Pavia), dalle Divisioni corazzate Littorio e Ariete e dai parà della Folgore. In appoggio ad esse, era giunto dall’Italia il Battaglione «Giovani Fascisti», agli ordini del maggiore Fulvio Balisti, formato da duemila volontari di età compresa tra i 18 e i 20 anni, accuratamente selezionati tra i circa 20 mila aderenti all’organizzazione giovanile del Partito fascista che avevano chiesto di andare a combattere. Quei ragazzi avevano già mostrato il loro valore nel dicembre 1941, respingendo, a Bir-El-Gobi, gli assalti dell’11.a Brigata indiana e del 7° Battaglione corazzato britannico.
Lungo la linea di El Alamein si combatté tutto luglio la più cruenta delle battaglie di tutta la guerra sul fronte africano. Non si verificarono episodi di viltà o di disfattismo da nessuna delle parti in lotta, per cui vanno ricordati con rispetto sia la tenacia dell’8.a Armata britannica, sia la combattività dell’«Afrika Korps» del maresciallo Rommel. Ma quello che si impose fu il sacrificio degli italiani della Divisione paracadutisti «Folgore» e del Battaglione «Giovani Fascisti», i cui componenti, tutti giovanissimi, si immolarono balzando dalle trincee scavate nella sabbia e gettandosi di corsa sotto i carri armati inglesi per farli saltare in aria con le «mignatte», le bombe a tempo dotate di un dispositivo a calamita.
In 27 giorni 5700 caduti italiani
La battaglia (chiamata anche la «prima battaglia di El Alamein», perchè poi, a ottobre, ve ne sarà una seconda) si concluse in 27 giorni e costò 5.200 Caduti italiani (tra i quali 35 Medaglia d’Oro al Valor Militare), 4.200 tedeschi e un numero imprecisato di combattenti sotto la bandiera britannica. Il 15 luglio fu investita la Divisione «Brescia», che ebbe la peggio grazie alla superiorità dei mezzi corazzati britannici. Ma i reparti australiani furono bloccati dalla resistenza dell’85° Reggimento del colonnello Angelozzi, e il 26 luglio l’assalto inglese si infranse contro la resistenza della Divisione «Trento». Il 31 luglio la fine dell’offensiva inglese consentì il rafforzamento delle nostre difese, in vista della seconda battaglia di El Alamein, che si sarebbe combattuta a ottobre, con l’arrivo del generale Bernard Montgomery a capo delle forze inglesi.
Da El-Alamein prenderà le mosse, il 23 ottobre 1942, l’ultima controffensiva inglese agli ordini del generale Sir Bernard Montgomery con forze schiaccianti: 1100 carri armati contro 500 e totale predominio dell’aria. L’avanzata della Fanteria motorizzata sarà appoggiata, oltreché dall’aviazione, da sbarchi a Tobruk e a Marsa Matruk che prenderanno alle spalle le forze italo-tedesche. Il 20 novembre la Cirenaica sarà ancora una volta perduta per l’Asse. E questa volta per sempre.