Gasparri dice no a inciuci post-voto. «Se non vinciamo, meglio l’opposizione»
La dichiarazione che nel pomeriggio arriva dal Trentino – dove il ministro Patroni Griffi si lascia ammaliare dall’abbraccio malizioso dei “vedroidi” di Enrico Letta – sembra l’ennesimo atto di quel duello a distanza tra il governo e il Pdl che sta incendiando questo scorcio di fine estate più di Lucifero e Caronte. «Sul ddl anticorruzione non credo che il governo rischi», fa sapere il ministro della Funzione Pubblica, che il giorno prima s’era beccato da Maurizio Gasparri una minaccia di “non voto” su un’eventuale fiducia. A leggere bene la dichiarazione, però, più che un buffetto al Pdl per compiacere i padroni di casa, quelle frasi di Patroni Griffi sono una soffusa resa politica a chi aveva minacciato ritorsioni sul ddl corruzione, a costo di mettere a rischio il sostegno stesso all’esecutivo. «Il senatore Gasparri, preso dall’entusiasmo, mi ha simpaticamente detto che sono neofita. Ma io ritengo che il ddl, nei tempi e nei termini che riterrà il Parlamento, verrà approvato». Ecco il passaggio-chiave: nei tempi e nei modi che riterrà il Parlamento. Sottotitolo a pagina 777: niente fiducia, tranquilli.
Pronto, Gasparri? Che ne pensa? «Che il governo non forzerà la mano sul ddl anti-corruzione. Bene. Ma io lo sapevo già». Mistero. Ma quando meno te l’aspetti il capogruppo del Pdl si concede un’inedita carezza politica a un ministro del governo Monti e risolve il busillis. «Patroni Griffi mi aveva chiamato ieri, dopo aver letto le mie dichiarazioni, era stato molto cortese, mi aveva spiegato che non aveva nessuna intenzione di scavalcare il Parlamento sul ddl corruzione, anzi, e che le sue dichiarazioni erano state un po’ forzate. È stata una conversazione simpatica e cortese: io comunque gli ho ribadito che noi senza un accordo preventivo non votiamo nessuna fiducia sull’anti-corruzione».
Senatore Gasparri, non teme l’effetto boomerang sugli elettori con titoloni – come quelli già letti ieri – sul Pdl che blocca il ddl anti-corruzione?
Capisco che la sintesi, e la strumentalizzazioni che alcuni giornali fanno della questione, possa essere pericolosa, ma i nostri elettori sanno benissimo che quel ddl anti-corruzione porta la firma del nostro segretario, Angelino Alfano: non abbiamo nessuna intenzione di lasciare che qualcuno possa riempirla di contenuti che servono solo a favorire l’uso politico della giustizia. Come accade da sempre in Italia. Magari adesso, con il caso Napolitano, se n’è accorto qualcuno pure a sinistra.
Su che cosa volete un accordo preventivo?
Questo è un Paese in cui un presidente della Repubblica è costretto a fare ricorso alla Corte Costituzionale per tutelare le proprie prerogative, messe in discussione dal partito dei giudici. Il tema della giustizia, in Italia, è molto delicato. Noi vogliamo norme chiare, anche sul tema delle intercettazioni, non possiamo immaginare che un Ingroia di turno o un neo-Violante dei tempi antichi utilizzi norme ambigue per manovre di carattere politico. La lotta alla corruzione interessa noi per primi, il ddl Alfano del non era spuntato come un fungo nel bosco. Ma va affrontato insieme ad altre questioni prioritarie, come il tema della responsabilità civile dei giudici: noi quella norma approvata nella Legge Comunitaria alla Camera vogliamo che vada fino in fondo anche al Senato. Nonostante la Severino, che tra l’altro non ha neanche ascoltato i pareri parlamentari sul riordino delle circoscrizioni giudiziarie. E questa è un’altra questione aperta.
Con il Guardasigilli non c’è lo stesso fair play scattato con Patroni Griffi, a quanto pare.
Direi proprio di no: l’abbiamo incontrata io, Cicchitto e Alfano il primo agosto nel mio studio al Senato e fu un dialogo molto, molto deludente. La Severino fece ostruzionismo su tutto, dalle intercettazioni alla questioni del tribunali, fino alla responsabilità civile dei giudici: fu un incontro negativo, su tutti i fronti.
A sinistra hanno scoperto il tema dell’uso politico della giustizia e si sono spaccati. Può servire al dialogo?
Loro lo chiamano populismo giuridico, per evitare di utilizzare le nostre definizioni su quel fenomeno di invadenza della magistratura che noi denunciamo da anni. Comunque, la questione divampa solo su quel fronte politico, noi siamo spettatori, e in tanti iniziano a pensarla come noi su chi, tra i giudici, antepone l’appartenenza politica e l’ambizione personale al corretto esercizio della professione.
Il ritorno dalle ferie non è stato dei più sereni per i rapporti tra il Pdl e il governo.
No, anche sul fronte delle tasse. Spacciare nuovi balzelli per fare cassa come misure finalizzate a tutelare la salute degli italiani, è un clamoroso caso di ipocrisia politica del governo. Se il problema è il cibo che fa male, tassiamo anche le salsicce, la carbonara, la mortadella, e detassiamo la frutta, che fa bene. Scherzi a parte, non si possono mischiare motivazioni nobili con mezzucci solo per imporre muove tasse.
Neanche le misure sul gioco d’azzardo vi trovano favorevoli.
Mi sembrano soluzioni timide, ma le pare che un giocatore incallito possa avere il problema di fare trecento metri in più per andare a fare una partita di videopoker? Servono idee più drastiche per frenare il fenomeno: pregherò il nostro esperto in materia, il senatore Raffaele Lauro, di presentare un pacchetto di proposte alternative che vadano un po’ oltre le questioni di centimetri.
Che aspettative nutre il Pdl sullo “scatto” che il governo ha promesso in tema di crescita?
A sentire le chiacchiere agostane c’era da essere ottimisti. Prima la Fornero, che voleva detassare il lavoro, poi Passera che annunciava la diminuzione delle tasse, poi un certo Ciaccia che prometteva di sterilizzare l’Iva sulle infrastrutture. Poi, tre giorni fa, in Consiglio dei ministri, arriva Monti e dice: signori, non c’è una lira. E siamo ancora fermi alle chiacchiere. Mi sa che questi ministri stanno battendo tutti i record in fatto di promesse, annunci, dichiarazioni, altro che politici…
E il Pdl che propone?
Aspettiamo ancora che il governo discuta la nostra proposta di abbattimento del debito pubblico, avanzata da Alfano a inizio agosto, tanto per fare un esempio.
Siamo alle chiacchiere agostane anche sulla legge elettorale?
Noi abbiamo la nostra proposta, basata sulle preferenze, su cui speriamo che la sinistra converga e sblocchi l’impasse.
Per andare a votare a novembre?
La vedo difficile, ma se si trova un’intesa, perché no?
Senza intese politiche e programmatiche prima del voto e un premio di maggioranza solo al primo partito. Non è che così si tradisce lo spirito del bipolarismo?
È innegabile che un tipo di legge elettorale del genere non rafforzi il bipolarismo, ma bisogna prendere atto che il quadro s’è sfaldato: tra piccoli partiti e tradimenti personali e politici è difficile riproporre uno schema come quello degli anni scorsi, fatto di coalizioni e programmi decisi prima.
Andare al voto: ma con quale obiettivo, per il Pdl? Vincere, perdere bene o sostenere un governissimo?
Con un’assoluta contrarietà a larghe intese. Dobbiamo e possiamo vincere, ma piuttosto che una situazione ambigua e paralizzante, con tentativi di fare convivere impostazioni politiche opposte, è meglio stare all’opposizione e far cadere, come certamente accadrebbe subito, un eventuale governo di sinistra-centro in stile Prodi.