Ercole Viri: «Uno Mattina mi ha teso una trappola»
«Sono stato raggirato: l’invito che mi è stato rivolto a partecipare alla trasmissione Uno Mattina Estate si è rivelato dal primo minuto dell’andata in onda un agguato mediatico. Avevo deciso di partecipare al programma perché mi era stata garantita la possibilità di spiegare, una volta per tutte – al di là delle strumentazioni politiche e della campagne giornalistiche – le motivazioni che giustificano la scelta del sacrario alla memoria del maresciallo Rodolfo Graziani, invece sono stato vittima di un’aggressione verbale che non mi aspettavo e che nulla, a partire dall’accoglienza riservatami all’arrivo in studio da conduttori e ospiti, lasciavano presagire»… A parlare è il sindaco del piccolo Comune vicino a Subiaco, nella Valle Aniene, Ercole Viri, paesino finito alla ribalta internazionale dopo la realizzazione di un mausoleo dedicato al ministro di Salò Rodolfo Graziani, originario di Filettino, in Ciociaria. Un’opera finanziata dalla Regione Lazio all’epoca della Giunta Marrazzo, che ha scatenato una tempesta di polemiche pretestuose, incredibilmente deflagrata anche sulle pagine del New York Times e sul sito della Bbc. «Abbiamo fatto un parco gioiello – ha ribadito il primo cittadino – e Graziani non è stato mai condannato per crimini di guerra».
È chiaramente ancora scosso e indignato il sindaco di Affile per il trattamento riservatogli in diretta tv dal conduttore di Uno Mattina Estate, Gerardo Greco, e dall’altro ospite in studio, il sociologo Franco Ferrarotti, al quale era affidato il compito di argomentare un contraddittorio che – a detta del sindaco Viri – si è rivelato da subito un “tutti contro uno”. «Ho sbagliato, me ne sarei dovuto andare, ma sul momento non ho avuto la prontezza di farlo».
Come mai è rimasto così spiazzato?
Mi hanno preso in giro, è l’unica spiegazione razionale che riesco a darmi dell’accaduto. Pensi che nel dietro le quinte, prima di andare in onda, il sociologo Ferrarotti mi ha addirittura fatto una ricostruzione elogiativa della figura di Graziani. Poi, in onda, come è noto, le tesi sostenute sono state ben altre…
Ma allora, quello che non le è stato dato modo di spiegare ieri mattina in tv, ce lo vuole dire adesso?
Certo, e vi ringrazio dell’opportunità di replica. Facciamo ordine partendo dal progetto, allora, che prevedeva la riqualificazione del Parco Radimonte con annessa l’edificazione di un sacrario intestato al Soldato con la “S” maiuscola, e per noi Graziani era il soldato per antonomasia da commemorare. Poi nel mausoleo abbiamo naturalmente onorato la memoria di tutti gli altri affilani caduti nelle guerre. Non c’è stato nessun fraintendimento e nessuna omissione su questo.
Ma allora come mai il finanziamento pubblico è finito nel mirino alimentando uno scontro politico e una polemica mediatica rimbalzata addirittura oltreoceano?
Perché dopo l’inaugurazione di agosto, che ha avuto molta risonanza sulla stampa nazionale ed estera, si è voluto montare un caso. Esterino Montino, capogruppo del Pd alla Regione Lazio, ha alimentato la polemica chiedendo la revoca del contributo regionale e annunciando anche un esposto alla Corte dei Conti. Dimenticando però che fu proprio la Giunta di centrosinistra Marrazzo-Montino a concedere il finanziamento pubblico al progetto, con la stessa delibera con cui – peraltro – sono andati a finanziare la riqualificazione del Parco Graziani di Filettino: noti bene, lo stesso Rodolfo Graziani commemorato tra le polemiche ad Affile…
Polemiche rinfocolate dalla partecipazione a Uno Mattina Estate…
La trasmissione di ieri, purtroppo, non ha fatto altro che fare da cassa di risonanza alla disinformazione che circola intorno alla questione del mausoleo e all’ignoranza sulla figura del generale Graziani. Allora ci tengo a dire quello che ieri in tv non ho avuto l’opportunità di raccontare: contrariamente a quanto sostenuto anche in questi giorni dai detrattori del progetto di Affile, Graziani non fu un criminale di guerra. Tanto è vero che, giudicato da un tribunale militare – da quegli stessi militari che aveva combattuto praticamente fino al giorno prima e che di certo non possono essergli definiti amici – dopo un’attenta istruttoria che non trascurò nessuno degli aspetti in esame, il generale fu condannato per collaborazionismo con l’alleato tedesco, e assolto dagli altri capi d’imputazione. Tanto è vero che, dei diciannove anni di condanna che gli erano stati inflitti, gliene furono condonati tredici e otto mesi, per «alto valore morale e civile». Il problema è che questa sentenza non la conosce nessuno. Per questo ritengo doveroso onorare la memoria di un grande affilano, un pluridecorato a trentasei anni, ben prima dell’avvento del fascismo.
Quindi a chi l’accusa di voler fare di Affile una seconda Predappio, cosa risponde?
Semplicemente che i rigurgiti nostalgici menzionati inopportunamente e nell’ignoranza della storia nazionale si ritorcono come un boomerang contro chi li usa impropriamente.
A Uno mattina Estate ieri il sociologo Ferrarotti rivolgendosi a lei ha detto: «Con i cadaveri non si va da nessuna parte. Si apra all’avvenire». Cosa vuole rispondere?
Che per aprirsi al futuro bisogna conoscere il passato: e chi mi contesta dimostra di non avere contezza documentale né della storia, né dei fatti odierni che vanno a contestare…