D’Alia a Bersani: «Non si può governare con il 30 per cento»
Legge elettorale “the day after”: tengono banco l’intesa Udc-Pdl- Lega riguardo al premio di maggioranza al 42,5% e le ire del leader del Pd, Bersani, che ha minacciato di rovesciare il tavolo al grido: “non vogliono farci governare”. Lo strappo c’è stato e si sente dalle dichiarazioni al vetriolo di ieri tra Casini e Bersani. Ne parliamo con l’artefice dell’emendmento “della discordia”, il senatore Giampiero D’Alia componente dell’Udc in commissione Affari costituzionali.
Senatore, Bersani parla di un “golpe” anti-Pd. Casini molto spiccio gli chiede di dire una volta per tutte se vuol tenere il Porcellum o no. Parole pesanti. Siamo allo strappo?
Per noi gli strappi non hanno alcun senso. L’unica linea fin qui seguita è stata uscire dal Porcellum, reintodurre le preferenze, sbarramento al 5% per garantire una semplificazione del quadro politico e la formazione di coalizioni omogenee. Una linea consegnata nella bozza Malan su cui si è andati avanti in questi mesi.
Per il Pd il premio di maggioranza al 42,5% è troppo alto ed è fattore di ingovernabilità. Come stanno le cose?
La questione nasce prima di tutto dalla necessità di introdurre una soglia che la Corte costituzionale ha richiesto. Questa “necessità” costituzionale si coniuga con un profilo politico, ossia che tale soglia possa consentire coalizioni omogenee. Sui numeri abbiamo un approccio laico, nel senso che siamo disposti ad arrivare al 40%, ma non di meno, visto che il premio di maggioranza deve dare la possibilità a chi ha più consenso di governare. Altrimenti, il premio andrebbe a una coalizione che da sola poi non potrebbe governare da sola. A Bersani rispondo che una legge elettorale non è fatta “contro” nessuno…
Singolare che ci si appelli alla Costituzione a corrente alternata, non trova?
Appunto. Non solo: il premio di maggioranza al 40% già c’è nell’elezione dei sindaci.
Perché sarebbe un errore un’asticella più bassa come vuole il Pd?
Non mi sembra molto democratico che chi prende il 30% dei voti, poi raddoppi o quasi il numero dei seggi in Parlamento.
Molti ritengono che il voto in commissione possa prefigurare vecchie-nuove coalizioni e ne “bocci” altre, come quella col Pd. Lei che dice?
Non è la legge elettorale che fa le maggioranze. Una buona legge deve garantire che il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi sia ragionevole e rispettoso del voto popolare. La soglia del premio di maggioranza deve, quindi, evitare che un eccesso di seggi vada a una minoranza. Era questa l’idea che doveva portarci fuori dal Porcellum.
L’alleanza col Pd?
Il voto di martedì ha imposto un’accelerazione: ora il Pd deve dimostrare di voler entrare nel merito del ragionamento sulla nuova legge. Si può discutere se limare l’altezza dell’asticella, si può ragionare sul lodo D’Alimonte, ossia sul premio al primo partito. Ma senza minacce.
Un riavvicinamento al Pdl?
Non è l’accordo sulla legge elettorale a stabilire future alleanze. Ci interessa la sostanza. Se nel percorso interno del Pdl prevarranno tesi che noi condividiamo, diventa per noi un interlocutore.