Il Ventennio nei suoi simboli
L’obelisco, i fasci littori su ponti e tombini sono tutti simboli. Elementi che coniugano un’idea che va oltre la realtà e che da sola la descrive, la piega e la forgia. E proprio grazie a questi simboli, di cui il fascio littorio è solo un esempio, Ivan Buttignon, nel suo libro “Gli spettri di Mussolini. La storia del fascismo italiano raccontata attraverso i suoi simboli” (Hobby and Work editore, pp 240, euro 15,50), avanza un’analisi serrata del fenomeno Mussolini, del fascismo e della sua simbologia ritualistica.
Si tratta di una mistica: una lettura mitica della realtà, che si ricollega a una esclusione ottocentesca della razionalità che fa posto al giovanilismo, all’eroismo privo di fronzoli veteroborghesi. È una mistica che Niccolò Giani, direttore della Scuola di Mistica Fascista, descriveva come il nuovo motore antimaterialista che può disintegrare il vecchio materialismo per fare posto a un nuovo ordine di cose che si sviluppi sotto la svastica e il fascio littorio. «Cosi sono rinati i vecchi simboli […]. Così gli uomini non si affidano più alla forza delle cose ma si affidano alla forza delle idee […]», scriveva Giani.
Insieme al Foro Mussolini, anche l’Eur e lo Studium Urbis, l’attuale Università de La Sapienza, sono sottoposti al vaglio analitico-simbolico di Buttignon, che ne spiega la nascita e lo scopo.
Scopo messo in evidenza e spiegato con lucidità dall’autore: trovare una sintesi tra la tesi della romanità e della virilità del legionario, teoria tipicamente mussoliniana, con l’antitesi del futurismo e del modernismo in salsa italiana, alla Marinetti, per arrivare alla sintesi del legionario moderno, rappresentato egregiamente dalla figura dell’Ardito e dallo squadrista. Ed è proprio «l’eternità di Roma» il motivo ispiratore, come ha scritto Giovanni Gentile.
Non è solo la natura del fascismo, della sua ontologia simbolica e anche umana, a finire sotto lo scandaglio di Buttignon, ma anche il nazismo con la sua liturgia iconografica. Lo studio della natura della svastica, della dottrina di Paul Bötticher, del Führer-messia sono esaminate con cura. Viene descritto il percorso disumano che porta poi all’odio antisemita dove si riassume la natura di tutto il libro di Buttignon. Per raccogliere il consenso delle masse, diventare così “Messia”, “uomo della Provvidenza”, è necessario trovare il nemico.
Il Simbolo, quindi, raffigura quell’elemento che unifica l’alterità di un mondo che si evidenzia solo nell’idea pura con la prossimità della sua realizzazione terrestre. Il simbolo unifica, rende capaci gli uomini di proporre come salvifica la loro lettura del mondo. E sono proprio i simboli, con la loro natura efficace, sintetica e repentina, la chiave migliore che si è trovata nel ‘900 per avvicinare le masse alle parate, alle feste, alle oceaniche adunate, anche nella dittatura bolscevica.
La storia è passata e i simboli restano ancora. Per i nostalgici, i curiosi, i fanatici. E gli studiosi.