Mie domande sciocche su primarie e Pdl
Umilia la nostra dignità professionale ammettere che anche noi, in queste ore, siamo vittima dei rumors. Si riparla di “spacchettamenti” e di “separazioni consensuali”. Prima domanda: chi è che dovrebbe andare fuori e da cosa? Berlusconi esce dal Pdl e fa un altro partito? Sono gli ex-An ad andarsene? In tal caso che fine fa il partito attualmente ancorato al 15% che per il momento si chiama Pdl? Si odono versioni distinte. La prima è che il Cav farebbe un’altra lista – che però poi si alleerebbe con la formazione da cui è uscito – e allora che senso avrebbe spaccarsi se poi bisogna riunirsi tre mesi dopo? La seconda è che vengono “fatti fuori gli ex-An”, che poi si fanno un altro partito con Storace. Quesiti: chi è che li caccia fuori e da che? E con che criterio? Uno tipo “tutti i calabresi sono licenziati”? E se non se ne vogliono andare come vengono costretti? E se li cacci poi come fai a rifarci un’alleanza tre mesi dopo? Forse saranno un po’ arrabbiati. Altri dicono: ma tanto non c’è tempo di cambiare legge elettorale quindi si farà una coalizione con l’indicazione di un candidato unico. E allora – e nuovamente – che senso ha spaccarsi se poi ci si deve rimettere insieme e soprattutto chi è il candidato? Perché se è Berlusconi lo dica e non c’è bisogno di spaccarsi. Ma nel caso sia Berlusconi, si potrà ricreare attorno a lui un fronte unico anti-sinistra, visto che al centro i numeri per un terzo polo sono inconsistenti? E soprattutto: se il Pdl si divide l’attuale 15 per cento per fare due partiti, diciamo, da 8, si sta comunque sotto il 20. Se si riparte dalla base del 15, magari si aggrega altro e si fa di più. E infine: a Berlusconi che ha segnato per 20 anni la storia italiana e ha raggiunto quote di consenso seconde solo a quelle del Duce, conviene il rischio di rimetterci la faccia con un partito che porebbe fare flop?