Sui banchi arriva l’inno di Mameli
Ha una voce molto tonica, di chi ha portato a casa un piccolo grande successo. A un’ora dall’approvazione nell’aula del Senato del ddl che promuove l’insegnamento dell’Inno di Mameli a scuola, Paola Frassinetti, prima firmataria della proposta passata a giugno alla Camera, risponde al telefono soddisfatta. «Finalmente è legge, una buona notizia in mezzo a tanta desolazione per le sorti della politica». Insieme viene istituita anche la Giornata dell’Unità della Costituzione dell’Inno e della Bandiera (il 17 marzo), sulla scia delle celebrazioni per il centocinquantesimo dell’unità.
Come si insegna un inno?
Nell’ambito delle ore di “cittadinanza e Costituzione” che sostituiscono la vecchia Educazione civica, dalle elementari fino al liceo, sono previsti percorsi didattici che, a partire dal testo del nostro inno, affrontino il tema del Risorgimento, dell’identità nazionale e promuovano i valori della cittadinanza. In pochi lo conoscono, tutti si fermano alla prima strofa. E in pochi sanno che cosa significa “dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa”.
E invece?
Deve essere insegnato e imparato a memoria, a chi ne contesta l’obbligatorietà rispondo che è un’obiezione vuota, perché se nessuno lo sa, penso anche alle polemiche che prendono spunto dalla manifestazioni sportive, vuol dire che insegnarlo diventa necessario.
La Lega, che ha votato contro, lo definisce “antistorico” e “retorico”…
Ma come si fa a dire una cosa del genere? Sfido a trovare un solo paese al mondo che giudica antistorico il proprio inno nazionale. È pura demagogia che, tra l’altro, non fa bene al Carroccio.
Perché il popolo leghista non condivide la crociata anti-Mameli?
Forse lo zoccolo duro è d’accordo, ma con certi temi non va da nessuna parte. Molti tra i militanti leghisti si staranno domandando se il rinnovato progetto di cui parla Maroni porterà a una nuova fase. Non credo a un’involuzione in senso secessionista, però certe posizioni sono germi di retroguardia. E non si può neanche dire che le parole siano antistoriche perché fanno riferimento a tutta la storia d’Italia. Da Scipione l’Africano ai Vespri siciliani, alla battaglia di Legnano passando per Ferruccio a Firenze. È un inno ricco e articolato che offre molti spunti storici e critici. La stessa figura di Mameli è esemplare, un giovanissimo di famiglia ricchissima che si arruola volontario, continua a combattere con una gamba in cancrena fino a morire in battaglia. E poi mi sorprende che si oppongano all’unica canzone in Italia che cita Alberto da Giussano…
Ancora esiste un popolo d’Italia che si stringe a coorte nel nome della nazione?
La guerra contro l’Austria appartiene al passato, ma di fronte alla globalizzazione che sfibra la nostra identità è determinante ritrovare la compattezza di una comunità, il senso dell’appartenenza comune, stringersi a coorte insomma. E poi vorrei rispondere a chi lamenta che “con tante cose importanti da fare, c’è ben altro a cui pensare” dicendo che l’iter di questo provvedimento è stato veloce, senza alcune resistenze si sarebbe potuto approvare in un’ora.
Non ha rallentato altri provvedimenti in calendario?
No. Poi, secondo questo ragionamento, si dovrebbero approvare solo gli interventi economici.
Poi c’è la giornata del Tricolore?
La celebrazione del 17 marzo è stata proposta dalla collega Coscia del Pd per sensibilizzare i ragazzi nel giorno dell’Unità d’Italia. Per non perdere le tracce e l’entusiasmo della grande festa per i 150 anni che ha affollato i teatri e le piazze.