«Farò un passo indietro solo se Monti si candida»
Se Mario Monti dovesse candidarsi alla guida del nascente schieramento centrista, Silvio Berlusconi sarebbe pronto a ritirare la sua candidatura a palazzo Chigi. Uno scenario emerso nel pomeriggio di ieri sera al Residence romano di via di Ripetta, alla presentazione del libro di Bruno Vespa La Piazza e il Palazzo (Mondadori Eri), evento che da ore lasciava presagire parole “pesanti” per lo scacchiere politico italiano, del centrodestra in particolare. Qualche nube si è diradata. «La mia candidatura? Dipende da come si sviluppano le cose: posso fare il coordinatore, il regista di uno schieramento ampio che arrivi a comprendere il centro che si sta formando con Casini, Montezemolo, Giannino. Un centro che mira a una adesione di Monti a questa iniziativa. Non credo che Monti accetti di diventare uomo di parte o di partito, ma ove il presidente Monti decidesse di aderire a questa richiesta, anche lo schieramento moderato aderirebbe tutto in suo supporto». Insomma, «se Monti si candidasse a fare il leader farei il passo indietro», ha detto l’ex premier. E aggiunge un elemento, ricordando che «durante una visita a palazzo Chigi io stesso gli ho proposto di essere lui il candidato alla presidenza del Consiglio di tutto lo schieramento moderato, ma lui mi ha detto di non essere interessato». Ricapitolando: Berlusconi precisa di essere «disposto a consentire immediatamente che si realizzi» il progetto di unione dei moderati se Monti vi si mettesse a capo. Ma ha fatto capire di non avere affatto voglia di ritirarsi a vita privata, ma di essere pronto ad avere un ruolo, magari quello di «regista» o «coordinatore» della coalizione dei moderati. Dunque a bocce ferme, «io in questo momento sono il candidato a palazzo Chigi».
È un Berlusconi che ha rivendicato coerenza: «Molto spesso leggo di questi miei passi avanti e indietro, come se fossero frutto di un pensiero incoerente», argomenta . «Credo di essere sempre stato coerente, ho sempre ritenuto e ritengo che in Italia ci sono due schieramenti che si contrappongono: i moderati da una parte e le persone di sinistra dall’altra. I moderati dal ‘48 a oggi sono sempre stati maggioranza, è chiaro che se i moderati vengono divisi in due parti, la sinistra diventa maggioranza».
Ai giornalisti Massimo Franco e Marcello Sorgi che chiedevano ulteriori delucidazioni in merito alla sua candidatura a premier, ha replicato: «La politica non è così semplice, sennò la fareste anche voi….». Battute a parte, ha spiegato le dinamiche degli ultimi giorni: «Spinto dai miei, ho accettato di poter essere candidato premier», ma anche «leader della coalizione». Morale: il cavaliere ha assicurato di essere a «disposizione» sia come candidato alla premiership sia come «coordinatore di un nuovo rassemblement». In quest’ottica ha ribadito tutta la sua stima al segretario: «Angelino Alfano è assolutamente candidato premier ed è in pole position per palazzo Chigi», spiegando che anche la Lega ha detto sì ad una sua eventuale candidatura.
È ottimista sul recupero dei consensi. «Nel 2008 avemmo il 37.4%, dopo il congresso siamo saliti al 41.9%. Da “focus” che sono stati fatti al Nord, al Centro e al Sud risulterebbe, oggi, che praticamente nessuno di quegli elettori che allora ci diedero fiducia oggi sarebbe non disposto a ridarci fiducia. Si sono rifugiati nel non voto, ma potremmo riconquistarli se fossimo in grado di presentarci con un buon programma e uno schieramento di uomini nuovi e capaci».
Ha poi “pizzicato” Casini, mettendo all’angolo l’Udc: «Ha un certo complesso nei miei confronti. Mi disse: “Se fai un passo indietro io sarò con i moderatì ed io feci un passo indietro e Alfano divenne segretario. Ci aspettavamo il ritorno di Casini, ma questo non avvenne»…
Questione Lega. Senza un accordo con il Carroccio Berlusconi si dice convinto che «cadrebbero immediatamente Piemonte e Veneto». Questo accadrebbe, ha spiegato, se non ci fosse un accordo sulla sua candidatura a premier, quella di Maroni alla Lombardia e se la Lega decidesse di correre da sola. Un nodo che terrà banco i prossimi giorni.
Quanto alle ipotesi di “spacchettamento” del Pdl Berlusconi ha precisato: «Abbiamo messo insieme 7 partiti con il Pdl. Stiamo pensando in accordo amichevole, se non sia opportuno passare da uno a due partiti, in totale vicinanza» con gli ex An», assicura l’ex premier. E racconta: «Noi volevamo cambiare il nome del Pdl, abbiamo cercato tanti altri nomi che però erano tutti riconducibili ad un acronimo. Alla fine l’unico era Forza Italia. Quelli di An detto che per loro era difficile accettarlo». Poi svela una novità: «Non possiamo candidare Dell’Utri», ha detto proprio nel giorno in cui il senatore siciliano ha annunciato la sua ridiscesa in campo. «Sicuramente ci sono persone che a torto o a ragione sono state aggredite dalla magistratura e dovremo spiegare loro che non possiamo permetterci di inserirle nelle liste, anche se riconosciamo che si tratta di un’ingiustizia».
Poi la conversazione con Vespa tocca il tema europeo dopo gli attacchi di Bruxelles e gli strali di Berlino. «Sono contro un’Unione europea dove ci sono Paesi egemoni e non solidali», mentre sono a favore di un’Europa politicamente «forte». Ancora: «Io sono un europeista convinto. Si può parlare solo eufemisticamente di malintensi, vedo piuttosto malizia» negli attacchi di certi esponenti europei nei miei confronti».