Berlusconi: «Non voglio lasciare il Paese a un futuro incerto»
Dalle motivazioni che lo inducono a partecipare alla corsa elettorale, al rischio ingovernabilità possibile in uno scenario post-consultazione caotico; tra ambizioni rinnegate e amari bilanci sull’esecutivo uscente («l’errore del governo dei tecnici è stato quello di appiattarsi sempre alle richieste dell’Unione europea a firma tedesca»), Silvio Berlusconi parla a tutto campo, anticipando intenzioni e smentendo ipotesi dell’ultim’ora e strategie dietrologiche. «Non aspiro e non ho mai aspirato alla presidenza della Repubblica», afferma senza possibilità d’equivoci l’ex premier intervistato da Teleroma 56, aggiungendo di non avere «alcuna ambizione personale: sono in corsa perché amo questo Paese e sento la responsabilità di fare qualcosa di buono per non lasciarlo in un futuro incerto e illiberale, come quello che gli riserverebbe la sinistra al governo». Ed è proprio quello sulle prospettive di governabilità future il nodo più arduo da sciogliere per il leader del Pdl, convinto che l’Italia sia destinata a rimanere indietro «senza una riforma strutturale dell’architettura costituzionale». Quindi, dopo aver ribadito l’invito a «non disperdere il voto e a non premiare il Pd», sempre più convinto che «questa non è ancora una sinistra socialdemocratica», ha confessato: «Io ho avuto speranza quando è comparso sulla scena politica Renzi, ma è stato messo da parte dalla vecchia nomenklatura comunista. Bisogna evitare i rischi già corsi nel 1994». Poi, dopo aver messo al centro del discorso programmatico i temi della sicurezza e della lotta alla criminalità, Berlusconi ha sottolineato la necessità di un «governo forte per rilanciare il ruolo dell’Italia nel panorama internazionale»: tutte sfide a cui si è detto pronto, concludendo con un ottimistico «Vi accorgerete che sono più scattante e vivace del 2008».