Casini non è Roosevelt: ora ha paura di restare con un pugno di mosche in mano
Si sentono il nuovo che avanza, i “panchinari” di Monti, scesi in campo come riserve dei Montezemolo-boys dai quali hanno ottenuto il contentino di qualche candidatura nel listone del Prof. Guidate dal leader dell’Udc, le piccole truppe del “centrino” cercano di ritagliarsi un ruolo nella campagna elettorale lanciando guanti di sfida a tutti e beccandosi, in risposta, l’ironia degli avversari e gli sfottò del web. Ma Casini – dopo essere stato per mesi l’uomo dell’elogio sperticato al Prof, che era immenso e puro anche quando starnutiva – non demorde e se la prende con chi, in questi giorni, sta invitando gli elettori a non disperdere il voto: «Quello al voto utile – è insorto Pierferdy – è un appello consueto da parte di tutti coloro che temono il centro e la Lista Monti. Lo fanno perché si sentono deboli». Lo dice proprio nei giorni in cui c’è una vera e propria emorragia, in tanti stanno abbandonando il partito, l’ultimo in ordine cronologico è un assessore calabrese, Francescantonio Stillitani, a poche ore dall’addio di 55 amministratori campani passati col Pdl. E sono giorni difficili, per il “centrino” anche per le notizie che arrivano dai sondaggi, quasi tutti in calo. Quello dell’Ipsos, riguardante la Lombardia, dà l’Udc in discesa, al 2,2 per cento o giù di lì, un risultato da allarme rosso, poco al di sopra di Fli (quotato attorno all’1,4%). Il presunto “nuovo che avanza”, sommato in tutte le sue particelle, si troverebbe fermo sul quattro per cento, punto più punto meno. Da qui il nervosismo, il confronto chiesto a Berlusconi sulle liste, il tentativo di alzare i toni. «Le liste dell’Udc – ha commentato Francesco Pionati, dell’Alleanza di Centro – chiariscono quale sia la famiglia alla quale si riferisce Casini nel suo slogan elettorale: la sua e quella dei suoi amici. Le liste-Caligola sono una sorta di ufficio di collocamento per incapaci e figli di papà». Ma il “centrino” montiano inveisce perché pensava di aver già scalato la montagna e ora le forze cominciano a venir meno. E subentra il terrore di restare con un pugno di mosche in mano. «L’unica cosa di cui aver paura – sosteneva Roosevelt – è la paura». Soprattutto per Casini & C.