L’omaggio di Tarantino agli spaghetti western

4 Gen 2013 17:05 - di Priscilla Del Ninno

Il cinema Adriano di Roma per una giornata diventa il tempio in cui si celebra la liturgia cinefila degli “spaghetti western”: officiante d’eccezione Quentin Tarantino, cultore del genere che ha omaggiato con la sua ultima fatica, Django Unchained, chiaramente ispirato – a partire dal titolo – al Django di Sergio Corbucci. Interpretato da Jamie Foxx, Leonardo Di Caprio, Christoph Waltz, Samuel L. Jackson e Kerry Washington, il film sarà nelle nostre sale dal 17 gennaio. All’anteprima italiana del “maccheroni western” – come lo chiamano negli Usa – diretto da Tarantino, una platea doc di grandi protagonisti del genere di casa nostra, da Franco Nero (non a caso presente in un cameo in Django Unchained) a Giuliano Gemma, da George Hilton a Gianni Garko, da Nicola Di Gioia a Lucio Rosato. E tra le protagoniste, la cow girl Ursula Andress. La storia, ambientata nel 1850, declina all’epopea western rivisitata all’italiana il tema del razzismo, ed è incentrata sulle vicissitudini di uno schiavo di colore, Django-Jamie Foxx, reso libero dal colto Dott. King Schultz (Christoph Waltz), cacciatore di taglie di origine tedesca. Intreccio, risvolti surreali, caratterizzazioni dissacranti, offrono l’opportunità  al regista premio Oscar per Pulp fiction di dimostrare di aver appreso e metabolizzato la lezione impartita dagli intramontabili maestri del filone: Sergio Leone, Duccio Tessari, Sergio Corbucci che, partendo dalla mitologia a stelle e strisce hanno reinterpretato il genere, adattandolo alla cultura made in Italy e a budget più striminziti, con storie più cruente e meno moraleggianti, creando una nuova epopea di celluloide. L’azione spinta all’estremo, la ieraticità carica di tensione e misticismo, l’eroe cinico e senza scrupoli, ma più impolverato e stropicciato, e decisamente dotato di macabra ironia, rappresentano il lessico che ha fondato una grammatica spettacolare imprescindibile per molti cultori degli “spaghetti western”, anche se sulle prime snobbata da certa critica radical chic più incline a bollarla come genere di serie b, salvo poi riabilitarne anni dopo originalità formale e spessore artistico. Un’epopea di celluloide che ha fatto scuola, riabilitata oggi anche da Quentin Tarantino che, a proposito dei suoi maestri di riferimento, ha dichiarato: «Tra Corbucci e Leone? Non saprei chi prediligere. È una scelta salomonica stabilire chi fosse il migliore».

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