«Nozze gay per decreto»: tutti in piazza contro Hollande
Domenica a Parigi saranno in piazza almeno in cinquecentomila per manifestare contro il progetto del governo Hollande di legalizzare matrimoni e adozioni gay. Alla protesta parteciperanno uno accanto all’altro ebrei e musulmani, oltre ai rappresentanti del mondo cattolico. Hanno infatti garantito il loro sostegno all’iniziativa il presidente dei vescovi, il cardinale Andre Vingt-Trois, il rabbino Gilles Bernheim e il leader del Consiglio Islamico Mohammed Moussaoui, tutti e tre in prima fila nell’opporsi al progetto.
Una battaglia ideologica quella del governo socialista: difficile definire diversamente la scelta di Vincent Peillon, ministro dell’Educazione che ha inviato una circolare ai provveditori per chiedere di evitare il dibattito sull’argomento negli istituti cattolici, in modo da evitare «fenomeni di rifiuto e omofobi». Una censura vera e propria, che ha scatenato la reazione della destra francese. «Robespierre Peillon è di ritorno con la sua legge dei sospetti», ha attaccato il deputato del Fronte nazionale, Gilbert Collard. «È terrorismo anti-cristiano, anti-cattolico», ha aggiunto prima di lanciare il suo appello a scendere in piazza domenica: «Marcerò il 13 gennaio con gli altri manifestanti nel rispetto di tutti i miei fratelli umani e delle mie idee. Marciate, con noi». Anche il Fronte nazionale invierà una delegazione alla manifestazione, ma senza la presidente Marine Le Pen.
Alla marcia del 13 gennaio aderisce un cartello di 34 associazioni. Spiega monsignor Hippolyte Simon, vescovo di Clermont-Ferrand e vicepresidente della Conferenza episcopale francese: «Può essere che qualche vescovo, a titolo personale, accompagnerà i manifestanti della sua diocesi. Ma se si dà a questa un carattere confessionale, si rischia d’indebolirla». Si tratta invece di «una questione che chiama in causa l’insieme dei cittadini, il progetto modifica il Codice civile e, dunque, la concezione stessa del matrimonio civile». Da parte sua Alain Juppé a nome dell’Ump ha chiesto di tenere un referendum «per ridare la parola a tutti i francesi».