Scandalo Mps: non regge la difesa di Bersani

23 Gen 2013 17:18 - di Redazione

Mette le mani avanti Pierluigi Bersani. «Nessuna responsabilità del Pd, per l’amor di Dio. Il Pd fa il Pd e le banche fanno le banche». Quasi una excusatio non petita quella del segretario del Partito democratico che, da Albano Laziale risponde sullo scandalo del Monte dei paschi di Siena e sulle dimissioni di Mussari. «Se la magistratura metterà lo stesso zelo che ha messo in altre vicende su quella del Montepaschi – nota Maurizio Gasparri – ci troveremo davanti a una vicenda di enorme portata. A cominciare dall’acquisto di banche a prezzi assurdi da parte del Monte». Per il presidente del gruppo Pdl al Senato, «la cosa più grave è che tutto ciò accada mentre il governo Monti accorda 3,9 miliardi al Mps, più dell’Imu pagata sulla prima casa dagli italiani».

Per Antonio Leone,  la vicenda del Monte Paschi Siena «è la conferma che le banche in odore di sinistra possono concedersi in Italia tutte le distrazioni possibili, naturalmente a spese dei risparmiatori. Le disinvolte acquisizioni di MPS, far passare operazioni finanziarie con utili per coprire debiti di importo doppio o triplo, sono la dimostrazione di un management incapace, ma anche della latitanza degli organismi di controllo, evidentemente indotti a non vedere per ragioni di compiacenza politica». Senza contare la «ciliegina sulla torta – aggiunge il  vicepresidente della Camera del Pdl – Mario Monti, il solo a considerarsi attento amministratore del patrimonio italiano che ha invece distrutto, ha concesso a Mps un prestito di 3 miliardi e 900 milioni di euro, ovviamente sottratti alle nostre tasche. E l’Europa che tanto sostiene questo premier, prodigio dell’economia  del disastro, non ha neppure battuto ciglio».

Anche la Rappresentanza sindacale aziendale della Fabi di Mps, dopo le dimissioni dall’Abi dell’ex presidente Mussari, punta il dito sulle «responsabilità del passato che coinvolgono un’intera classe dirigente, a cominciare dalla politica e che attraverso gli enti locali nominava la maggioranza del Consiglio d’amministrazione della Fondazione (principale azionista del Monte), per finire alle parti sociali, comprese le organizzazioni sindacali che avevano rappresentanti di riferimento nei Consigli d’amministrazione che hanno gestito la banca».

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