Siamo in zona retrocessione, ma Monti e la Merkel continuano a ridere…
Manca poco e finiamo in serie b, non solo per i dati nefasti della disoccupazione e della nostra economia, ma anche per l’accesso al credito. Monti e la Merkel se la ridono, ma sono i principali colpevoli e ci ritroviamo in fondo alla classifica, con poche possibilità di risalire e metterci al sicuro per evitare di retrocedere. Le piccole imprese sono nella morsa del credit crunch. L’Italia, secondo un rapporto di Western Union, è fanalino di coda dei Paesi europei, dopo la Romania, la Lettonia e la Lituania per la qualità dell’accesso al credito. La prova? S0lo il 5% delle persone è riuscito ad avere un prestito negli ultimi 12 mesi (nella stagione del governo tecnico) contro una media europea del 12%. Un’emergenza che diventa sempre più grande: a novembre, fa sapere Bankitalia, i prestiti alle piccole aziende hanno subìto un calo ulteriore del 3,4 per cento. Gli eccessi di tassazione e di burocrazia hanno fatto il resto, oltre ai crediti incagliati della pubblica amministrazione, che paga i fornitori di merci e di servizi con grande ritardo, tanto da meritare una tiratina d’orecchie della Ue. La sola sanità ha debiti per 40 miliardi e i pagamenti avvengono nella migliore delle ipotesi dopo 300 giorni (ma in Calabria si raggiungono quasi i tre anni: 973 giorni). Così le aziende chiudono e i disoccupati aumentano, mentre le banche, che hanno ricevuto un centinaio di miliardi di prestiti a tasso agevolato da parte della Bce, hanno impegnato queste somme per comprare Btp e far calare lo spread e oggi, con la rivalutazione dei titoli sul mercato secondario, incassano lauti guadagni (12 miliardi, secondo la Cgia di Mestre). Ma si dimostrano restie a fare prestiti sia agli imprenditori che alle famiglie. Non è un caso, infatti, se anche i mutui vengono concessi con il bilancino, nonostante i depositi abbiano fatto segnare a novembre un aumento del 6,6 per cento. Pochi mutui, ma anche molto cari. Un esempio? Per un prestito a 20 anni di 300mila euro in Italia se ne devono restituire 438.205, con una rata mensile di 1.826 euro. Il cittadino tedesco, invece, ne paga soltanto 1.652, quasi 200 euro in meno che fanno 2.400 euro l’anno, come effetto dello spread tra titoli pubblici italiani e bund tedesco. Uno stato di cose che spiega il perché dell’attacco all’Italia di un anno e mezzo fa, quando i tassi di interesse schizzarono al 7 per cento e Berlusconi fu costretto a dimettersi. Le banche tedesche hanno messo sul mercato 8 miliardi di titoli pubblici italiani in una sola volta, hanno fatto schizzare lo spread, ci hanno obbligato a manovre economiche molto onerose e così ci hanno costretto a finanziare quel denaro a basso costo di cui la Germania sta usufruendo da quando il Cavaliere ha lasciato Palazzo Chigi. A pensare male si fa peccato, ma è evidente che tutto questo non può essere avvenuto per caso. La festa, però, potrebbe anche essere destinata a finire presto. Ieri, infatti, lo spread è sceso sotto quota 260. Dove ha fallito Mario Monti, c’è riuscita prima la Bce e adesso il fiscal cliff targato Obama.