Napolitano nostalgico del comunismo (anche sulle Foibe)
L’Italia è veramente la Patria della commedia dell’arte, delle maschere, di Arlecchino e Pantalone. E non scordiamoci Pulcinella. In pieno Giorno del Ricordo (non ricordato) per i martiri delle Foibe, i giornali “bene” proclamavano scandalo per il fatto che su un banchetto elettorale della Destra facesse bella mostra una bandiera con la croce celtica. Giornalisti, esponenti del Pd e sinceri democratici di varia genìa, ripresisi dallo shock, hanno intimato a Storace di prendere le distanze dal criminale gesto e affrettarsi a condannare senza riserve Mussolini e il Fascismo per non incorrere nell’imperdonabile errore commesso dal suo capo-coalizione (l’immancabile Silvio) che ha osato addirittura dire che il Duce ha fatto anche qualcosa di buono. Ovviamente se Storace non lo farà andrà sicuramente all’inferno. In questo Paese così “normale” ci si può ancora permettere di fare simili teatrini e annunciare anatemi se uno non dice il falso (e cioè che il fascismo è stato il “male assoluto”) coccolando contemporaneamente un tizio che si permette di dire che il comunismo invece ha fatto degli errori ma era un’idea fichissima. La cosa drammatica è che il tizio fa il presidente della repubblica italiana. E sempre in piena giornata che dovrebbe essere dedicata alla memoria di un cospicuo numero di vittime del comunismo, sterminate perché portatrici dell’odiata identità italiana (come la repubblica di cui il tizio è presidente) lo storico rappresentante del comunismo italiano si lancia nuovamente nella mille volte reiterata ricostruzione personale dell’evento, riconducibile per lui alla cattiveria intrinseca di “fascismi” uguali e contrapposti, l’uno italiano e in camicia nera, l’altro slavo e con la stella rossa. Ma a cominciare sono stati gli italiani, fascisti, razzisti e colonizzatori, che hanno scatenato la comprensibile reazione degli slavi, che comunque non erano comunisti ma solo “titini”. La colpa è quindi di Tito, che a suo modo, pur se comunista, era un po’ fascista, perché era nazionalista. Infatti al tempo in cui Napolitano era di stretta osservanza moscovita e internazionalista, Tito venne messo all’indice come deviazionista e sciovinista. Napolitano, insomma, non era un fan di Tito, che era considerato dai sovietici addirittura un venduto all’Occidente. Un vero amante di Tito era invece il suo predecessore Sandro Pertini, anche lui presidente di tutti gli italiani, ma solo social-comunista anziché comunista duro e puro, che non lesinò le lacrime al funerale del Maresciallo Broz, abbracciando addirittura la bara come una vedova inconsolabile. Ma da quel giorno sono passati più di trent’anni, in cui il centrodestra – e a buon conto la destra – avrebbero avuto il tempo e il modo di riportare un minimo di decenza nella lettura della storia Patria, quella cioè di tutti noi. Invece, nulla è cambiato. Ma state tranquilli, le cose possono ancora peggiorare. E probabilmente, se l’anno prossimo avremo Bersani-Monti-Vendola al governo e magari Prodi al Colle, peggioreranno…